Siamo davvero forti in Italia! Avvicinandosi la data per varare la Legge di stabilità (ex legge finanziaria) i nostri governanti annunciavano la possibilità di diminuire la pressione fiscale, abbassando le aliquote che durante la dichiarazione dei redditi colpiscono i redditi più bassi (quindi meno imposte da pagare).
In tutta Europa si diceva quanto fosse bravo il nostro Presidente del Consiglio, Prof. Monti, che riusciva a mirare al pareggio di bilancio anche prevedendo tagli alle imposte e tasse.
Oggi possiamo constatare come la Legge di stabilità è stata definita dal Governo, ma senza la riduzione delle aliquote delle imposte dirette, mentre l’aliquota IVA continua ad aumenta di un punto (dal 21% al 22%). Però, bontà loro, senza il mancato aumento dell’aliquota IVA ridotta del 10% e senza la retroattività (e ci mancherebbe altro) dei tagli sulle detrazioni d’imposta per il 2012 che invece ci saranno dal 1° gennaio 2013.
Insomma, per dirlo con parole semplici, la pressione fiscale aumenta ancora e con i tagli delle detrazioni dal 2014 per il 2013, aumenterà ancora di più. Il tutto in attesa di vedere se avanzano soldi per il così detto “cuneo fiscale” (che dovrebbe mirare a garantire un alleggerimento degli oneri fiscali a carico delle imprese attraverso una diminuzione del divario tra il costo del lavoro sostenuto dall’ impresa e la retribuzione netta spettante al lavoratore).
Pare che nessuno capisca (tranne i contribuenti che le imposte e tasse le pagano davvero) che se uno Stato aumenta le tasse oltre un certo limite, le imprese chiudono, si trasferiscono altrove oppure scompaiono dal radar fiscale (evadono). La conseguenza è che le entrate fiscali diminuiscono.
Come fare? La risposta è semplice, oltre alla lotta all’evasione (di cui spesso si parla) occorre diminuire la pressione fiscale quando, come in Italia, è troppo alta. In certi casi tagliare le aliquote fiscali porta a un incremento delle entrate. In Italia, probabilmente, avverrebbe proprio questo.
L’economista Laffer, negli anni 70, riuscì a convincere di detta teoria l’allora candidato repubblicano alle presidenziali del 1980, Ronald Reagan, attraverso un grafico (la curva di Laffer). Si tratta di una curva a campana che mette in relazione il reddito nazionale con le imposte e tasse pagate dai contribuenti.
Se indichiamo sull’asse delle ascisse le aliquote e sulle ordinate il gettito. Spostandosi verso destra, all’aumentare delle aliquote, il gettito dapprima cresce, una volta raggiunto il massimo, inizia a decrescere. In particolare si può verificare che si riesce ad avere lo stesso gettito con aliquote diverse (una molto più basse dall’altra).
Sempre per dirla con parole semplici: all’aumentare dell’aliquota, poiché il debito di imposta aumenta, il beneficio di cui un soggetto gode lavorando per un’ora al netto di imposta si riduce sempre di più.
Vediamo l’esempio illustrato in : www.ilcrocevia.net/innovazioni/tasse/invenzioni01.html
Supponiamo che ad esempio ci sia una tassazione pari a 10 minuti per ora, cioè l’individuo per ogni ora di lavoro, lavora 50 minuti per sé e 10 per lo Stato. Immaginiamo che l’imposta cresca e sia pari al 50%, quindi per ogni ora di lavoro è come se l’individuo lavorasse 30 minuti per sé e 30 per lo stato. Un ulteriore crescita del peso dell’imposta comporta che i minuti di lavoro per lo Stato crescono mentre diminuisce la parte a disposizione del singolo. Porebbe accadere che il nostro soggetto sia costretto, data l’aliquota elevata, a lavorare 50 minuti per lo Stato e 10 per sé. Tale fatto potrebbe indurre l’individuo a modificare la scelta tra tempo libero (ndr: o evadere) e lavoro, favorendo il primo e causando una riduzione del reddito imponibile.
Questo spiega il perché con un reddito elevato e aliquota bassa, riusciamo ad ottenere lo stesso gettito che si ha dove l ‘aliquota è alta ma il reddito è basso.
Se è possibile raggiungere lo stesso gettito con due aliquote è meglio scegliere quella che ha effetti distorsivi minori sull’attività privata, cioè l’aliquota più bassa.
2 novembre 2012 – Marco Prestileo