Chiare quest’anno, nei limiti di quanto ci si possa aspettare dalle istruzioni di un modello per la dichiarazione dei redditi italiana, le indicazioni fornite su chi è obbligato a compilare questo quadro “speciale”, denominato RW. Non è un quadro nuovo, ma in molti hanno sempre fatto fatica a considerarlo, quest’anno ci sono anche delle novità!
Il quadro RW deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in Italia che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e, in ogni caso, ai fini:
- dell’Imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE), cioè l’equivalente dell’IMU,
- e dell’Imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE), cioè l’equivalente dell’imposta di bollo che si paga sui conti correnti italiani, con un’aggiunta di una mini patrimoniale sugli investimenti esteri.
E’ importante segnalare che l’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo raggiunto nel corso del periodo d’imposta (che non vuol dire il saldo del conto corrente) non sia superiore a 10.000 euro; attenzione resta fermo l’obbligo di compilazione del quadro laddove sia dovuta l’IVAFE (vedi nota 1).
L’obbligo di indicare la consistenza degli investimenti e delle attività detenute all’estero nel periodo d’imposta sussiste anche se il contribuente nel corso del periodo d’imposta ha totalmente disinvestito.
La novità è che non è più previsto l’obbligo di monitoraggio dei trasferimenti da, verso e sull’estero effettuati con riferimento alle suddette attività
Per i nostri frontalieri ricordiamo che l’obbligo di monitoraggio non sussiste, inoltre per i contribuenti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi con riferimento agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la propria attività lavorativa. Tale esonero viene riconosciuto solo qualora l’attività lavorativa all’estero sia stata svolta in via continuativa per la maggior parte del periodo di imposta e a condizione che entro sei mesi dall’interruzione del rapporto di lavoro all’estero, il lavoratore non detenga più le attività all’estero. Diversamente, se il contribuente entro tale data non ha riportato le attività in Italia o dismesso le stesse, è tenuto ad indicare tutte le attività detenute all’estero durante l’intero periodo d’imposta.
Qualora il contribuente è esonerato dal monitoraggio, è in ogni caso tenuto alla compilazione della dichiarazione per l’indicazione dei redditi derivanti dalle attività estere di natura finanziaria o patrimoniale nonché del presente quadro per il calcolo dell’IVIE e dell’IVAFE.
L’argomento è complesso e ostico, spero di essere riuscito ad evidenziarlo, per le modalità di applicazione e dichiarazione è sempre consigliabile rivolgersi al proprio professionista di fiducia.
11 marzo 2015 – Marco Prestileo
Buongiorno,
Grazie mille per queste informazioni. Sempre interessante sapere come siamo mangiati è proprio il caso di dirlo.
Una domanda mi sorge per quanto riguarda i frontalieri salariati. Sapete dirmi a ente l’amministrazione finanziaria si rivolge per controllare le entrate dei suddetti?
grazie mille per la vostra risposta…..
Pietro
Oggi non è ancora attivo uno scambio di informazioni costante e continuativo tra le varie amministrazioni finanziarie dei vari stati europei e non. Quindi molti ancora dei frontalieri che non dichiarano al Fisco i propri redditi o li dichiarano in misura ridotta riescono a cavarsela ma probabilmente non ancora per molto. Esistono degli accordi che prevedono la possibilità di richiedere ed ottenere informazioni di natura fiscale e previdenziale tra i vari Stati. Spesso quelli che oggi sono pizzicati sono coloro che usufruiscono di servizi sanitari in esenzione o che percepiscono pensioni dall’estero o che richiedono contributi di disoccupazione. Le casse prevvidenziali sono quelle più attive e che scambinano i dati tra di loro, però sempre a richiesta, non esiste ancora una metodo automatico.