Cesare si alzò presto quella mattina. Aveva dormito come non gli capitava da tanto tempo. Non gli capitava a Roma, tra le mura della città più bella del mondo, non gli capitava da molto tempo in molte delle città che aveva avuto occasione di visitare. Quando si recava da Domizio, suo fedelissimo servitore Ventimigliese, nella sua villa proprio di fronte al mare, dimenticava tutti gli affanni della guerra, dei morti, dell’Impero, delle trame di palazzo, dei soldi. Allontanava le guardie e si sedeva a riposare gli occhi guardando l’orizzonte, seguendolo con lo sguardo, spostandosi sulla destra, sino ad incontrare le meravigliose colline poco più a Ovest, tra Capo Mortola e Cap D’Ail. Era il posto dove sicuramente avrebbe passato la sua vecchiaia, pensava Cesare, ripartendo per il suo viaggio verso la capitale.
Quel pomeriggio, avvenne il fattaccio. Mancavano più o meno 49 anni alla nascita di Cristo quando i soldati di Demetrio entrarono di soppiatto nella villa di Domizio e lo uccisero. Per il solo fatto di essere fedele all’Impero. Poi, sicuri del loro successo, marciaro verso il centro di Ventimiglia, pronti a raccogliere la gloria di coloro che vincono. Il popolo – pensavano – non sa, non comprende. I Ventimigliesi non capiscono, salgono sul carro del vincitore, sono contadini senza cervello. Mentre camminavano, si affiancavano al gruppo di soldati alcuni contadini, altri cittadini ed altri ancora, sino a formare un discreto gruppetto. Ecco – pensavano i soldati di Demetrio – ecco, il popolo che ci accoglie come vincitori. Il discreto gruppetto diventò presto una folla e poi un popolo. Che prese le armi, i forconi e tutto ciò che poteva essere utile per la guerra. Civitas ad arma iit e del malvagio Demetrio e del suo esercito che uccise Domizio, servo di Cesare, non si trovò più traccia. Insomma, alla fine, per calmare i Ventimigliesi ci volle un bel po’ di tempo e l’intervento dell’esercito che riuscì, non senza problemi, a riportare la calma. Cesare, saputo dell’accaduto, decise di premiare la città per la sua fedeltà facendola diventare Municipio dell’Impero.
7 giugno 2013 – Albino Dicerto
Caro Albino , una bella storia , di quelle che piacciono a me … Una storia nella quale il valore , l’onore , la fedeltà a valori chiari , limpidi , onesti , prevale alla fine sull’ odio , la prevaricazione , la presunzione che il vulgus ( il popolino come lo chiamerebbero oggi i nostri giornalisti liberal ) sia cieco e stupido , facilmente impressionabile da qualsivoglia dux ( alla latina ) compaia sulla scena politica . Voglio credere ancora , nonostante tutto cio’ che è accaduto in questo ultimo anno , che i civitates ventimigliesi guardino bene al di là delle apparenze e delle menzogne , e si rivoltino contro quello che appare ogni giorno di piu’ come un gigantesco complotto , ordito in prima persona contro i loro rapprensentanti regolarmente eletti , ma soprattutto ordito contro gli stessi cittadini …… Ti lascio con un piccolo pensiero della sera ( realmente accaduto ) : un cittadino un giorno chiese ad un Sindaco chi avrebbe scelto di essere fra Napoleone Bonaparte e Caio Giulio Cesare . Il Sindaco rispose senza esitazioni che avrebbe preferito essere il secondo , un abile condottiero , dotato di una personalità risoluta e determinata , molto amato dal vulgus , dal suo popolo , dalla cd. gente comune , che lo pianse quando morì il 15 marzo del 44 a.c. ( le famose Idi di marzo ) , ASSASSINATO DAI NEMICI A CUI AVEVA CONCESSO LA SUA CLEMENZA , DAGLI AMICI A CUI AVEVA CONCESSO ONORI E GLORIA , DA COLORO CHE AVEVA NOMINATO EREDI NEL SUO TESTAMENTO .
( attenzione : non ho usato il carattere maiuscolo per un errore ………. ) . Buonanotte a tutti . B.M.