L’esercizio di quel potere straordinario è previsto, come legittimo, nella ricorrenza di talune situazioni tra loro alternative: i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata; le forme di condizionamento degli amministratori. Tuttavia deve sempre risultare che l’una o l’altra di tali situazioni compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affidati ovvero che le predette situazioni risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.
L’articolo 2, comma 3, della legge 15 luglio 2009, n. 94, riprendendo sostanzialmente il testo di modifica elaborato della Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati nella XV Legislatura, ha novellato l’art 143 del TUEL, innovando profondamente la disciplina dello scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso e introducendo delle specifiche previsioni in merito alla responsabilità dei dirigenti e dei dipendenti.
Gli elementi di novità più rilevanti consistono nella specificazione dei presupposti, dei limiti e della procedura per l’adozione del provvedimento di scioglimento, nell’ampliamento degli ambiti soggettivo e oggettivo di applicazione dello stesso, nella disciplina del rinnovo dei consigli sciolti.
Il legislatore, al fine di ridurre la discrezionalità nell’applicazione della norma, ha precisato, da un lato, le fattispecie del condizionamento e del collegamento degli amministratori e, dall’altro, la nozione di disfunzionalità dell’ente, senza tuttavia modificare i presupposti dello scioglimento essendosi ormai consolidato, in tale ambito, il quadro interpretativo e giurisprudenziale di riferimento.
E’ stato delimitato il concetto di criminalità organizzata, prevedendo la specifica “di tipo mafioso o similare”, e sono state individuate le categorie di amministratori destinatari del provvedimento (“di cui all’art. 77, comma 2). Invero l’istituto è stato sempre applicato con riferimento ai fenomeni di collegamento con le organizzazioni di cui all’art. 416 bis c.p. ovvero a quelle straniere o transnazionali alle quali poteva già applicarsi la normativa in esame in base ad una interpretazione analogica od estensiva. Né deve essere trascurata la qualificazione delle organizzazioni criminali cui applicare l’art. 143 effettuata dal legislatore il quale, tra l’altro, ha utilizzato la terminologia adoperata nelle più recenti leggi istitutive della Commissione parlamentare antimafia.
Fine seconda puntata (a domani, per la terza puntata).
tratto da: Governo degli enti locali e gestioni commissariali, SCUOLA SUPERIORE DELL’AMMINISTRAZIONE DELL’INTERNO
La scelta delle parti (fedelmente) pubblicate è stata effettuata da Marco Prestileo
Io ho quindi capito:
– che se si presumono collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata, non può presumersi anche che siano esistite forme di condizionamento degli amministratori; i due concetti sono alternativi tra loro;
– che è necessario, che l’una o l’altra di tali situazioni, compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali, ovvero che le predette situazioni risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica;
– che le citate fattispecie del condizionamento o del collegamento siano nei confronti degli amministratori (elemento soggettivo essenziale) e non solo (semmai anche) dei dipendenti comunali;
– che contemporaneamente è necessario sia presente la nozione di disfunzionalità dell’ente;
– che non sia sufficiente l’esistenza sul territorio della criminalità organizzata (collegata agli amministratori o che li condizioni), ma che sia anche “di tipo mafioso o similare”, rispecchiando sostanzialmente la differenza esistente tra l’art. 416 codice penale e l’art. 416-bis dello stesso codice.
Marco Prestileo