Nona puntata. RICORRERE AL TAR O AL CONSIGLIO DI STATO CONTRO LO SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE DI VENTIMIGLIA NON VUOL DIRE DELEGITTIMARE L’ATTIVITA’ INVESTIGATIVA SVOLTA DALLE FORZE DELL’ORDINE.

Terminata, per adesso, la pubblicazione di quanto tratto da: “Governo degli enti locali e gestioni commissariali, SCUOLA SUPERIORE DELL’AMMINISTRAZIONE DELL’INTERNO”, iniziamo a vedere alcune argomentazioni difensive utilizzate nel ricorso al TAR Lazio dall’ex Sindaco di Ventimiglia, chiedendo solo un’obiettiva valutazione delle stesse.  Nel contempo assicuriamo il massimo rispetto anche per le tesi opposte. Su temi di questa importanza, nessuno può permettersi bieche strumentalizzazioni o irragionevoli conclusioni. Le articolate e argomentate deduzioni difensive di chi ricorre contro lo scioglimento di un consiglio comunale democraticamente eletto, hanno lo scopo di richiedere non una delegittimazione dell’attività investigativa svolta dalle Forze dell’Ordine (e tanto meno dalla Magistratura che opera su un binario completamente diverso da quello amministrativo), ma  – al contrario – il riconoscimento di un’ingiustizia che si ritiene essere stata subita.

L’eventuale (ed auspicata) sentenza favorevole al ricorrente non comporterebbe quindi la delegittimazione dell’attività investigativa svolta dagli Organi di “Polizia”.

In primo luogo, nello Stato di diritto che mira alla tutela delle posizioni giuridiche soggettive in un’ottica di legalità, non può essere ragionevolmente sostenuto che una sentenza del giudice amministrativo possa ‘delegittimare’ le autorità che hanno contribuito ad emanare il provvedimento, di cui sia ravvisata l’illegittimità.

Qualunque persona di buon senso, e in particolare chi è chiamato a giudicare un ricorso,  è certamente ben consapevole delle estreme difficoltà che caratterizzano l’attività degli organi dello Stato e, in particolare, della complessità dell’attività che deve essere svolta, in assenza di contraddittorio e solo su  prove indiziarie, per cercare di comprendere la situazioni dei fatti. Proprio dalla consapevolezza di dette difficoltà si può, e si deve, ammettere che il margine di errore può essere grande, come enormi sono le conseguenze del possibile errore di valutazione.

Lo scrupolo e la serietà professionale dei componenti che hanno svolto l’attività investigativa è fuori discussione, così come è fuori discussione il pregevole lavoro di ricostruzione effettuato per accertare i casi in cui possano essere stati emessi eventuali atti illegittimi da parte di organi comunali.

Tuttavia, nella sede giurisdizionale ove è data tutela agli interessi legittimi, non contano soltanto tale scrupolo e la serietà professionale, ma rileva il contenuto obiettivo del provvedimento (di scioglimento di un consiglio comunale democraticamente eletto e costituzionalmente protetto) impugnato, per verificare se sussistano o meno profili di eccessi di potere o se sono stati travisati i fatti o se alcune conclusioni sono palesemente irragionevoli, contraddittorie, immotivate e non veritiere.

Marco Prestileo

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