Una differenza marcata, non sempre molto evidente o nota, che diventa sostanziale per chi scrive un articolo. Mi permetto di scriverlo a me stesso e per promemoria di chi volesse riprendere a scrivere sul nostro blog. Gli “innominabili” sono riusciti a spaventare chi scriveva occasionalmente, bravi complimenti, anche Voi in qualcosa avete raggiunto (battuta ironica) un risultato! Si, dopo la querela, alcuni autori occasionali hanno rinunciato a scrivere o per lo meno riflettono di più. Sul punto non ho intenzione di prolungarmi troppo, ho già scritto molto, in ultimo nell’articolo “La rabbia e l’orgoglio”. Ho fatto alcuni approfondimenti sulla differenza terminologica dei due concetti (solo) apparentemente simili ma di fatto molti differenti tra loro. Sull’argomento si è scritto molto, paticolarmente chiara è stata la Dott.ssa Assunta Maria Amoroso, Psicologa formatrice, che riporto o riassumo con miei inserimenti o precisazione personali. L’ironia è un’affermazione, infatti, con la quale si vuole speso intendere l’opposto di quanto letteralmente espresso.
La si usa nella comunicazione per scherzo, per denunciare un fatto oppure per testimoniare o rimarcare una situazione di difficoltà. Molte volte, serve a rompere il ghiaccio in momenti di tensione, di imbarazzo, di novità e crea un clima più cordiale, rilassato, aiuta la comunicazione e crea intesa. Ma è fondamentale utilizzare l’ironia con chi è in grado di comprenderla, altrimenti perde di significato e si trasforma, ben che vada, in una battuta sarcastica, in una denigrazione. Chi non la comprende, non l’apprezza o in contesti non adeguati, può produrre fraintendimento o imbarazzo. Le persone molto semplici e i bambini non sono sempre in grado di cogliere il doppio senso della frase e di conseguenza il suo uso risulta, spesso, inappropriato. Anche Socrate utilizzava l’ironia, si fingeva ignorante con i suoi interlocutori al fine di costringerli ad approfondire l’argomento trattato e a scoprire da soli le risposte oltre che la loro stessa ignoranza.
Con le persone intelligenti, che comprendono, l’ironia viene utilizzata per sdrammatizzare, divertire o anche far ridere di se stessi. L’autoironia permette a chi la usa di scherzare su di un proprio difetto o su di un evento non sempre positivo, di cui è o è stato protagonista, facendo divertire gli altri e permettendo a se stesso di distanziarsi dalla situazione e vederla con maggiore obiettività. Non a caso, inizio ad apprezzare le conseguenze dello scioglimento che mi hanno reso, forse, più famoso e temuto di prima. Certamente è successo alla Civitas.
Il sarcasmo è quasi l’altra parte della medaglia dell’ironia. E’ un’affermazione sprezzante, irrisoria e amara fatta con l’intenzione di ferire l’altro, denigrarlo, offenderlo. Il confine tra i due è sottile ma la finalità e l’esito sono completamente differenti. I due termini spesso sono utilizzati come sinonimi: ma nell’ironia non c’è l’intenzione di fare a pezzi l’altro, vi può anche essere dell’aggressività ma non vi è cattiveria.
L’ironia è una presa in giro indiretta e celata, bonaria e divertente. Con il sarcasmo, invece, si tronca intenzionalmente la comunicazione che, suo malgrado, muore sotto i colpi del rancore e dell’astio. In genere, chi è bersaglio di sarcasmo, rimane ammutolito e pugnalato dalla battuta, ma soprattutto dall’attacco frontale e mortificante che lascia ben intravedere la sottostante cattiveria.
Sebbene sia il sarcasmo che l’ironia esprimano una critica, essi si distinguono nell’intenzione, denigratoria di uno e giocosa dell’altra e nell’emozione che li genera. Mentre l’ironico vuole sdrammatizzare e ridicolizzare ma senza ferire o mortificare, il sarcastico, invece, ha proprio l’intenzione di disprezzare l’altro e di annientarlo, guidato dall’astio che prova.
Conclusione: devo fare attenzione, a volte credo di essere ironico ma mio malgrado divento sarcastico.
4 agosto 2013 – Marco Prestileo
Mi piace ricordare la mostra “Biancheri nella satira politica e nella caricatura da Cavour a Giolitti”, organizzata nel 2008 dalla fondazione Biancheri, patrocinata dall’Amministrazione Provinciale e dai Comuni di Ventimiglia ed Olivetta San Michele ed allestita in occasione del primo centenario dalla morte di Giuseppe Biancheri.
In questi giorni ho sfogliato il catalogo della mostra ed apprezzato caricature e satire intelligenti del Risorgimento, un tempo di accesa contrapposizione politica.
Si tratta, a mio avviso, di un’importante testimonianza, da un lato, della reale libertà di stampa di quel periodo e, dall’altro, forse conseguentemente, della capacità di quel genere giornalistico di “graffiare” senza offendere, di evidenziare, con modalità anche giuridicamente ineccepibili, i limiti e le contraddizioni del mondo politico.
Le caricature di Redenti, Teja, Marietti ed altri sanno farci sorridere tuttora per quel senso di verità che comunicavano.
Molto è cambiato; non mi rassegno al pensiero che sia per sempre..