“Ius soli” o “Ius sanguinis”: è questo il dilemma prioritario? Ascoltiamo il Presidente Napolitano e i cittadini che chiedono lavoro e meno tasse.

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In questi giorni mi è capitato di sentire discutere, più volte, sulla (quasi) proposta del nuovo Ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge (foto di lato), che ha annunciato di voler preparare nelle prossime settimane un disegno di legge sullo “ius soli”. La proposta è stata vista, da alcuni, come la volontà di legalizzare, concedendo la cittadinanza italiana, tutti gli extracomunitari.

Con l’espressione latina “Ius soli” si indica l’acquisizione della cittadinanza per il fatto di nascere nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.

Lo “Ius soli” si contrappone allo “ius sanguinis” che indica l’acquisizione della cittadinanza per il fatto della nascita da un genitore in possesso della stessa cittadinanza.

In Italia si applica lo “ius sanguinis”, quindi chi nasce da cittadino italiano acquisisce automaticamente la cittadinanza italiana. Mentre il bambino francese (o africano) che nasce in Italia da genitore francese (africano), non assume la cittadinanza italiana, pur essendo nato in Italia.

La proposta del ministro dell’integrazione ha scatenato dibattiti e polemiche – soprattutto nell’ambito della maggioranza politica e in particolare del Pdl – perché di fatto si aprirebbe al diritto di cittadinanza ai figli di immigrati che nascono nel nostro Paese.

A quest’ultima precisazione mi verrebbe da dire: “e allora, cosa ci sarebbe di male, davvero vogliamo credere che il colore della pelle o la provenienza del genitore sia una giusta discriminante?”. Riflettendo però, come credo su proposte così importanti occorrerebbe sempre fare, senza farsi travolgere dall’emotività, mi chiedo ma il nostro sistema sociale potrebbe reggere un incremento vertiginoso dei cittadini italiani con tutti i diritti che la nostra costituzione e le nostre leggi gli attribuiscono?

Precisiamo comunque che lo “ius soli” vige già in alcuni Paese come gli Usa, il Canada e la Francia.

Quindi non è detto che applicandolo anche in Italia sia un disastro. Se però, poi, esaminiamo in che altro modo può essere ottenuta la cittadinanza italiana, il tema dello “ius soli” sembra essere di minor importanza, seppure è giusto discuterne e trovare soluzioni, magari, intermedie.

La cittadinanza italiana si può, infatti, acquisire:

–          automaticamente, secondo lo ius sanguinis (per nascita, riconoscimento o adozione, da anche un solo genitore cittadino italiano), oppure secondo lo ius soli (solo nati in Italia da genitori apolidi);

–          su domanda, secondo lo ius sanguinis (vedi sotto) o per aver prestato servizio militare di leva o servizio civile;

–          su domanda, per essere residenti ininterrottamente in Italia per 10 anni. Se si nasce in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni, bisogna fare domanda entro i 19 anni;

–          per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza legale in Italia, a condizione di assenza di precedenti penali e di presenza di adeguate risorse economiche; il termine è più breve per ex-cittadini Italiani e loro immediati discendenti (ius sanguinis), stranieri nati in Italia (ius soli), cittadini di altri paesi dell’Unione Europea, rifugiati e apolidi.

–          per matrimonio con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all’estero (termini ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali. Le donne straniere sposandosi con cittadini italiani prima del 27 aprile 1983 acquisivano automaticamente la cittadinanza italiana.

–          su domanda, per essere nati in territori già italiani.

–          su domanda, per essere nati in territori già appartenenti al disciolto Impero austro-ungarico.

Ripeto del tema occorre certamente discuterne ma subito dopo tutte le priorità indicate, tra gli altri, dal Presidente Napolitano, interpretando gli italiani: il rilancio dell’economia, il tema del lavoro e della fiscalità, la riduzione della spesa pubblica e la riforma della legge elettorale. Non vorrei che discutendone prima il Governo vada a casa, senza fare nulla, e noi continueremo ad aspettare che si discuta delle cose prioritarie.

7 maggio 2013 – Marco Prestileo

 

 

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