Me la sono immaginata così, la scena. Che ad un certo punto Cesare Battisti si risveglia e, pover’uomo, si ritrova in una piazza che non ha più l’esercito austriaco con le spade e gli archibugi ma solo brandine di profughi a perdita d’occhio. E lui non è mica uno che ci pensa due volte, prende su bara e tutto e se ne va dal Sindaco a dirglielo, che magari non se ne accorto. Mentre Cesare dormiva saran passati pure i fascisti, la seconda guerra e il Vietnam ma lui una cosa così mica poteva immaginarsela: gli intitolano una piazza e ci parcheggiano le brandine di quelli lì che, saran pure brava gente, ma italiani non lo sono di sicuro. E così dicevo, me lo vedo che se ne va dal sindaco e trova uno giovane e figo, con la camicia aderente che mette in mostra i pettorali e ci si riconosce subito: “cazzo – pensa – io a quell’età ero deputato del Reichstrat, appena mi hanno detto dell’invasione austriaca son tornato indietro a fargli il c… allo straniero”. E poi me lo vedo tornare verso la piazza, la sua piazza, mentre si ripete, nella testa, che sicuramente è colpa della regione, del prefetto, della polizia o di Obama ma sicuramente non del sindaco. E si sdraia di nuovo, tra le brandine dello straniero. Confuso dall’omino con la camicia bianca, pian piano sbiadisce ed evapora tramutandosi in poche righe di ricordo su Wikipedia. E un titolo su una piazza non più sua.
29 luglio 2015 – Albino Dicerto