Ho visto cose, che voi umani non potreste immaginarvi

Non ci sono più i pifferai di una volta.

Le masse di De Gasperi, di Togliatti e di Almirante oggi si disperderebbero in mille rivoli, ognuno dietro il suo incantatore.
Le variazioni tra i loro spartiti sono minime, arrivano a differenziarsi su dettagli insignificanti che toccano la sensibiltà o l’interesse dei proverbiali quattro gatti.
Però, consoliamoci, è un fenomeno cosmico.
Le masse informi e ebeti in un primo tempo dovevano essere liberate, poi subito dopo evangelizzate, civilizzate e educate e ultimamente avrebbero dovuto essere emulsionate in una poltiglia universale per sentirsi felici e contente grazie al Great Reset e alla globalizzazione.
Oggi invece la maionese è impazzita e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, a cascata da Davos a Bruxelles, da Roma a Genova fino a Ventimiglia, ultima barriera prima della mitologica liberazione delle masse migranti in transito, del loro riscatto e della loro felicità in terra.

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Qui, sulle sponde del Roya, c’è il tappeto sotto il quale finiscono alcune delle contraddizioni che hanno portato a tutto questo.
Dissonanze che nella diaspora del buonsenso trovano sempre il ritornello giusto da far suonare a un nuovo pifferaio.
Eppure una tregua a questa cacofonia cittadina sarebbe possibile, anzi si impone a una comunità che ha formidabili opportunità di prosperità e di benessere di fronte a sé.
Qualche punto fermo in questa direzione Tano lo stava ottenendo prima di essere accoltellato ma da quel momento in poi i pifferai si sono moltiplicati nel suonare ognuno il proprio arrangiamento sul tema e nelle diverse sue forme e tonalità.
Il tema del territorio è quello che oggi va per la maggiore, cosa che mi porta indietro all’autunno 1984 a Sanremo.
È stato quando mi strapparono alle funzioni manageriali paracomunali di stampo privatistico che stavo svolgendo per realizzare il nuovo Mercato Fiori di valle Armea e l’Aurelia bis e obtorto collo mi hanno costretto a occuparmi per un quinquennio di urbanistica e di edilizia residenziale pubblica e privata in veste di assessore comunale.
Come Dante all’Inferno il mio Virgilio è stato il compianto professore Pierandrea Mazzoni, sommo giurista, già magistrato coraggioso e memoria nel famedio dei sanremaschi illustri, una guida che mi ha aperto la strada della conoscenza più come amico che come consulente.

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Da lui ho imparato l’effimera delicatezza della pianificazione del territorio, il suo rapporto ancillare con l’economia, l’ossequio di entrambe all’ambiente, la strumentalità dell’edilizia e l’importanza strategica dei lavori pubblici.
E soprattutto mi ha fatto capire come tradure tutto ciò in azione politica unitaria, equilibrata e coerente, in capo all’ente pubblico territoriale e non ai singoli portatori di interessi particolari e contingenti.
Mi sento di dire, sulla base di quel lontano insegnamento e di quella mia esperienza che Tano nei tre anni della sua amministrazione a Ventimiglia si è mosso bene ricercando la sintesi politica nel triangolo “pianificazione-economia-ambiente”, con un PUC vecchio e anacronistico, con un bilancio asfittico e scarse risorse a disposizione e con criticità ambientali, naturali e antropiche, di ogni genere e specie.
Il suo segreto è stato lo stesso del motto che questa mattina il Presidente Giorgia Meloni ha rivolto al Parlamento: “Agevolare chi fa impresa, non disturbare chi vuole fare”.
Fosse anche un Principe, come per il Porto degli Scoglietti e per Cava Grimaldi, aggiungo io scherzando.
“Tutte cose sovrumane che nella Blade Runner intemelia voi minuscoli pifferai umani non potreste neppure immaginarvi” è la mia conclusione

Bruno Giri

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