Partiamo dalle basi. Quando c’è una situazione così drammatica in una società che gestisce beni e servizi pubblici i cittadini pensano subito male. Ma è possibile identificare le cause della crisi di Aiga? Può davvero fallire una società che vende acqua?
Le cause della crisi di AIGA formalmente sono riconducibili a un’impossibilità della società di adeguare il prezzo di vendita dell’acqua all’incremento degli investimenti effettuati; questa loro risposta è tecnicamente corretta, andrebbe però verificata analizzando i bilanci. Ritengo comunque che la crisi poteva essere facilmente evitata con una gestione diversa. Vi sono stati, a mio parere, a partire dal 2012, scelte manageriali e politiche molto discutibili e senza un adeguata programmazione aziendale.
In altre parole, quindi, AIGA ha fatto degli investimenti già sapendo (o potendo prevedere) che non avrebbe potuto ripagarli?
Si, sapeva che gli adeguamenti dei prezzi erano a rischio; ora una sentenza del TAR li ha comunque autorizzati, ma come detto il vero problema rimane l’assenza di programmazione.
Quale è il ruolo del Comune in questa vicenda? Ritiene che il socio avrebbe potuto fare di più per prevenire la crisi? Quali sono gli strumenti che avrebbe potuto azionare?
Il Comune di Ventimiglia è socio di maggioranza con il 51%, con il potere di nominare due amministratori su tre all’interno del consiglio di amministrazione di AIGA ed è la terza città per popolazione della Provincia, quindi insieme a Sanremo e Imperia, molto influente nelle scelte politiche assunte a livello provinciale sulla gestione unitaria del ciclo integrato delle acque: i risultati negativi all’interno di AIGA e nella conduzione di Rivieracqua, società interamente pubblica, sono oggi evidenti a tutti, ma il peggio è che con un’adeguata e professionale programmazione sarebbero stati prevedibili.
Quale è il ruolo del Comune in questa fase successiva alla crisi?
Dovrebbe essere un ruolo da protagonista, non ritengo conveniente per la Città di Ventimiglia appiattirsi sulle decisioni assunte a Genova, dal socio di minoranza o accettare passivamente scelte tecniche come il concordato, certamente utili ad evitare azioni di responsabilità sugli amministratori che hanno gestito le società pubbliche piuttosto che ai cittadini. Dopo una gestione su AIGA, e non solo, disastrosa da parte dei Commissari straordinari che Ventimiglia ha avuto, mi auspicavo una reazione diversa che non vi è stata.
Il Comune ha delle responsabilità in quanto socio “dormiente” riguardo al passato. Ora, se volesse, potrebbe acquisire un ruolo di primo piano nella gestione della crisi del settore, in Provincia?
Potrebbe avere un ruolo chiave nel gestire gli equilibri della crisi, se volesse. Certo.
Come si intersecano le tempistiche del nuovo concordato (se si farà) con il probabile cambio dei vertici politici comunali?
L’amministrazione comunale che uscirà dalle urne del maggio 2019 dovrà subire le scelte fatte oggi, consiglio quindi di reagire subito e cercare adesso la soluzione migliore per la Città, con lungimiranza.
Saranno i cittadini a pagare la soluzione di questa tragica situazione? E’ possibile una sospensione del servizio idrico comunale? Lo stato di crisi può incidere su investimenti e manutenzione (e quindi sulla qualità dell’acqua) della rete?
Essendo un servizio pubblico essenziale per legge non può essere interrotto o sospeso. Lo stato di crisi certamente ha inciso, e continuerà ad incidere, sulla manutenzione della rete e i danni di una non adeguata manutenzione, soprattutto se protratta negli anni, creerà danni ingenti in futuro. Gli investimenti invece sono per convenzione a carico del Comune e non di AIGA, quindi potevano o possono essere eseguiti e dipendono dalle casse comunali o, in futuro, dell’Ente Gestore l’autorità d’ambito provinciale.
In generale, i fornitori sono le principali vittime delle società in concordato, no?
Sicuramente si, i primi a rimetterci sono i fornitori ed è profondamento ingiusto che la crisi di una società pubblica ricada su di loro: se hanno un credito di 100, la procedura potrebbe decidere un pagamento di 40 e, in più, dilazionarlo su molti anni. Questo vale per AIGA, come per tutti gli altri casi. Per questo l’Amministrazione pubblica, a differenza di un qualsiasi socio privato, doveva pensare a soluzioni alternative o a proposte di concordato che riducessero al minimo la ricaduta negativa sui fornitori e quindi sulle imprese del nostro territorio, sui loro dipendenti e sul nostro tessuto sociale ed economico.
I fornitori che stanno mantenendo i servizi, nonostante il mancato pagamento di fatture per alcuni milioni di euro complessivamente, perchè lo fanno? Potrebbero interrompere le loro prestazione da un momento all’altro?
Alcuni fornitori solo legati da vincoli contrattuali, altri si sono fidati e continuano a fidarsi della presenza di un’Amministrazione pubblica nella compagine sociale. La maggior parte delle micro e piccole imprese, principalmente a conduzione familiare, non hanno soldi da spendere in legali o commercialisti, e ancora oggi non hanno capito bene cosa sia e come funzioni un concordato preventivo. Resta comunque il fatto che molte piccole imprese non potevano rinunciare a priori, salvo fallire, agli appalti pubblici, avendo strutturato in passato le loro aziende su un’importante fetta di mercato e non hanno voluto licenziare i propri dipendenti. L’imprenditore sano ci mette i soldi di tasca sua, sino a quando riesce, per coprire i mancati incassi piuttosto che lasciare senza lavoro un dipendente che a sua volta a stipulato mutui e si è creato una famiglia fidandosi del suo datore di lavoro. Le amministrazioni pubbliche dovrebbero intervenire e supplire ai loro errori e non farli ricadere su altri.
22 novembre 2018 – Albino