Una Stazione della “Via Crucis” comunale.

In primo piano


Ieri Baby Yoda mi ha informato della mannaia della scadenza al 31 dicembre di quest’anno di tutte le concessioni demaniali marittime ad uso turistico e ricreativo che sarebbero scadute tra dieci anni, il 31 dicembre 2033, se il Governo Draghi non avesse abrogato quella norma adottata nel 2018 dal Governo gialloverde.
Lui ieri mi ha mandato soltanto il primo dei 22 identici casi definiti martedì scorso dal TAR Liguria, quello della sentenza n. 00019/2023 che riguarda 11 concessionari del Comune di Moneglia, nelle Cinqueterre, ma poi il Tribunale amministrativo ha usato la fotocopiatrice dal numero di ruolo 00020/2023 al numero di ruolo 00041/2023 per definire 16 identici casi sollevati a Genova, uno ciascuno a Lavagna, Sori, Ameglia e Deiva e 2 a Monterosso per un totale di 43 concessionari.
È l’elenco di una microscopica pattuglia se penso che l’esercito balneare e ricreativo savonese e imperiese è assente.
È un flash nel buio della notte cosmica nel quale è stato abbandonato un settore fondamentale dell’economia turistica e non solo.
Penso all’habitat marino, all’ambiente, al paesaggio, alla cultura e alla tradizione, elementi dei quali specialmente qui in Liguria gli stabilimenti balneari sono stati per un secolo sentinelle vigili e attente e, ovviamente, custodi interessate.
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Il mio consulente legale è in disaccordo con il TAR su un punto e d’accordo invece su un altro, entrambi riguardanti l’oscurità della notte “demaniale”.
Il disaccordo riguarda gli effetti della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla pregiudiziale sollevata dal T.A.R. Lecce in merito ai rapporti tra la normativa interna italiana e quella europea e me lo ha spiegato.
Scrive il TAR: “Quale che sia la decisione eventualmente adottata dalla CGUE sui quesiti proposti da suddetto giudice a quo, la stessa NON INCIDEREBBE sulla sopravvenuta legislazione italiana con la quale è stata disposta l’abrogazione…”.
Per Baby Yoda, invece, se la Corte Europea in Lussemburgo decidesse che la “Bolkestein” non è “self executive” la sovranità legislativa italiana tornerebbe piena e insindacabile e fino al 31 dicembre 2023 ore 23 e 59 un decreto-legge “Milleproroghe” potrebbe prorogare anche la scadenza balneare che doveva avvenire un secondo dopo.
L’accordo è sulla opportunità di sondare tempestivamente il livello della merda nella quale è finito il settore e di farlo quindi nei primi giorni dell’anno, per non buttare nel cesso investimenti in impianti e attrezzature che tra 12 mesi cambierebbero titolare senza risarcire quello precedente.
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Baby Yoda ha attirato la mia attenzione su un particolare sfuggito a noi terrestri impegnati come siamo nelle giurie dei concorsi di bellezza che servono a selezionare i sindaci del “nulla”, destinati a guardarsi l’ombelico nel prossimo quinquennio mentre la conduzione degli affari è di esclusiva competenza dirigenziale.
Si tratta della solitudine molecolare del concessionario dopo il sequenziamento del genoma demaniale marittimo: dal livello statale per gli usi militare e nazionale a scendere al livello regionale per tutti gli altri usi e per finire al livello comunale per l’uso turistico e ricreativo.
I Comuni sono tanti, costieri e non costieri, quelli costieri in Liguria sono grandi come Genova oppure piccoli come Deiva, i primi hanno risorse e apparati manageriali e i secondi un funzionario a scavalco.
L’offerta “turistica” non è soltanto balneare ma spazia nel commerciale, nei servizi alla persona e negli eventi e quella ricreativa include la pratica sportiva dal nuoto al remo, dalla vela al surf, dalla motonautica alla pesca sportiva e ovviamente tutto l’indotto strumentale.
Entrambi gli usi sul medesimo spazio demaniale convivono con le opere pubbliche a difesa dell’abitato e della costa e il Comune nel gestirle fa l’equilibrista.
Nel caos del concedente la solitudine è l’inevitabile risposta del concessionario e su di lui adesso si abbatte la mannaia della “Bolkestein”.
“Rifugiarsi nella Fede è la soluzione” mi suggerisce il consulente alieno.
Bruno Giri

L ultima spiaggia

In primo piano

Baby Yoda ieri commentava ironicamente le strane abitudini di noi terrestri che con i cenoni e le sbronze di fine anno ci illudiamo di cancellare le disgrazie.
Non si riferiva a questo fine anno 2022 ma al prossimo 31 dicembre 2023 ore 24, quando, in tema di concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo, scadranno quelle “in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 118 del 2022 che ha abrogato la legge n. 145 del 2018”.
Da quel momento in poi se la Corte di Giustizia Europea non avrà ancora deciso sulla validità e sulla efficacia della direttiva 123/2006/CE, la c.d. “Bolkestein”, per i “balneari” italiani, che in Liguria sono davvero tantissimi, saranno cazzi amari e a Capodanno per loro ci sarà poco da festeggiare.
Lo ha stabilito il TAR Liguria martedì scorso con la sentenza 00019/2023 e la cosa è passata inosservata un po’ perché riguardava un piccolo centro delle Cinqueterre e un po’ perché l’attenzione generale era rivolta all’ultima festa, l’Epifania.
Su Saturno, invece, non funziona così e il mio consulente legale mi ha subito informato.
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Se a Sanremo l’Atene che piange è il Porto Vecchio, mi ha detto Baby Yoda, la Sparta che non ride è l’insieme del sistema balneare cittadino, tutti e due del demanio marittimo.
E lui continua a girarci attorno a quest’ultimo fatto.
Non ha digerito che nella sentenza di annullamento degli atti del restyling di un bacino di mare non si parli mai del demanio marittimo e neppure del signor Bolkestein i quali invece sono comparsi martedì scorso per fottere il popolo dei bagnini e dei bagnanti.
Senza bisogno di formalizzare la mia curiosità con un quesito pro veritate ecco le sue perplessità “saturnine”.
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Sul nostro pianeta loro hanno il “SIB” acronimo di “Sindacato Italiano Balneari” e sono iscritti alla “FID”, acronimo di “Federazione Imprese Demaniali”, ma viste dal cosmo le assurdità hanno aspetti surreali che noi umani non riusciamo a percepire.
Come il fatto che il Demanio marittimo debba per definizione del codice civile rispondere a una domanda indifferenziata di fruizione pubblica collettiva ma poi possa essere “privatizzato”, segregato e concesso in esclusiva per un certo periodo a un “quivis ex populo” dietro un canone irrisorio.
Però a Sanremo se il “quivis” copre il mare con un enorme silos galleggiante di plastica, vetro e acciaio per 65 anni e paga in project financing non c’è bisogno di chiedergli “libretto e patente”, se invece ci fa nuotare il popolo dei bagnanti deve essere scelto a brevi intervalli tra i “quivis” di 27 Stati, compresi quelli che il bagno lo fanno con le foche e i trichechi.
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Niente di personale con il “Reuben Brothers Fund”, sia chiaro, però Baby Yoda mi ha citato un’altra assurdità surreale che lui vede da Saturno e che riguarda la proroga della concessione demaniale di Portosole a Sanremo.
Dopo 50 anni doveva scadere il 30 luglio 2024, cioè 212 giorni dopo la scadenza legale del 31 dicembre 2023 di tutte le concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo di cui si dice prima.
Invece, all’insaputa di tutti e in particolare di noi sanremesi e alla faccia della trasparenza e della “par condicio”, con atto suppletivo 14 dicembre 2001 Registro concessioni n. 505, Registro atti n. 155, l’Amministrazione Marittima l’ha prorogata per 40 anni cioè fino al 31 luglio 2064.
La “Bolkestein” non c’era ancora, sarebbe arrivata solo il 12 dicembre 2006, 5 anni dopo, non c’era neppure il TFUE, cioè il trattato sul funzionamento dell’Unione europea e in piedi c’era solo l’articolo 43 del “platonico” Trattato istitutivo.
Da noi operava un italianissimo, duttile, malleabile e elastico regolamento D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 recante “disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
E la “Pantera Rosa” deve averne approfittato per prendere in braccio e coccolare l’Agenzia del Demanio che vedeva la luce proprio in quei giorni.
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Con quel cognome da feldmaresciallo SS, la Marzabotto della “Bolkestein” si chiama “Proroga automatica”, quando incappa in una proroga l’ordine è “Kaputt!”.
Appena approvata a Bruxelles quella panzer-direttiva e ecco che il ministro Frattini buonanima il 2 febbraio 2009 si beccava una costituzione in mora per l’articolo 37 del nostro Codice della Navigazione che con il “diritto di insistenza” favoriva il concessionario uscente e poi, avendo fatto il furbo, il 10 giugno 2010 con il numero 4967 di protocollo si prendeva sui denti una formale procedura di infrazione, la “n°. 2008/4908”, celeberrima.
Diciamocelo, se l’era cercata.
Aveva mandato a Bruxelles il decreto-legge n.194/2009 che ubbidiva abrogando l’articolo 37 e fissando al 31 dicembre 2012 l’ultima improrogabile scadenza ma poi lo aveva convertito nella legge 25/2010 che con un emendamento aveva fatto rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta, e loro se ne erano accorti.
Il 27 febbraio 2012 il Governo Monti chiudeva la procedura di infrazione con una solenne presa per il culo: il 31 dicembre 2015 basta proroghe.
La vaselina era un ordine del giorno del Senato del 5 maggio 2011 e una risoluzione del 27 settembre 2011 del Parlamento europeo, approvati all’unanimità, sul riordino e sulla revisione della normativa nazionale, il primo li prometteva e il secondo fingeva di credergli.
A questo punto copio e incollo un passaggio delle 25 pagine dell’Ordinanza del TAR Puglia, Sezione I di Lecce che l’11 maggio 2022 ha preso di petto la questione della validità o meno della “Bolkestein” e l’ha messa sul tavolo della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Eccole: “In definitiva, la normativa di secondo livello non è mai infatti intervenuta e, per contro, il termine di proroga delle concessioni in essere, originariamente fissato al 31/12/2015, è stato quindi ulteriormente differito dapprima al 31/12/2020 e, successivamente, al 31/12/2033 (Legge145/2018)” e poi al 31 dicembre 2023 con la legge n. 118 del 2022 del Governo Draghi, aggiungo io.
E a proseguire: “In assenza di una effettiva legge di attuazione della direttiva e di una regolazione della materia con norme vincolanti ed efficaci sull’intero territorio nazionale, la competenza dei singoli dirigenti comunali ha intanto determinato uno stato di caos e di assoluta incertezza del diritto, con gravi ricadute negative sull’economia dell’intero settore, un settore strategico per l’economia nazionale.”
Baby Yoda ha commentato: “Tra Frattini, Monti e Draghi, voi terrestri avete una strana idea dei tecnici, anche quando sono i migliori”.
Bruno Giri

Super Mario Tano !

In primo piano

Nuovi giochi per le feste …(per bambini😀)
Sono arrivati i nuovi Magi
Super Mario Tano e Luigi
La passerella posson fare
Anche se in gioco virtuale
Portan soldi, e con i fondi
Costruiran passaggi e ponti
Nel paese dei tramonti…
Si andrà al porto e alle Calandre
E senza restare in mutande…
Tutti quanti son contenti 🤣🙈😜

Walter Pettrorossi

Grattacapi.

In primo piano

“Puta caso che i Biancheri Boys so’ annati a Roma e nun hanno visto er Papa, che famo?”.
Baby Yoda dovrebbe rispondermi a breve giro di posta perché loro sono in zona Cesarini, alle 13 in punto del 30 gennaio prossimo scade il bando e hanno solo 25 giorni per segnare almeno un gol, magari su rigore.
Per tirare dal dischetto i “Biancheri Boys” devono andare a Roma a Palazzo Spada a convincere il Presidente di Sezione del Consiglio di Stato a sospendere “per decreto” l’esecutività della sentenza che è esecutiva “per legge”, e questo il Presidente in veste di Giudice monocratico dovrebbe farlo perchè siamo in presenza di un “caso di eccezionale gravità ed urgenza” che impone di non fare scadere lo yogurt, pardon! il bando.
Nell’altro caso, invece, cioè su azione cautelare, il pallone del “pregiudizio grave e irreparabile” dovrebbe oltrepassare la linea bianca della porta tra due pali, il “periculum in mora”, cioè che nel frattempo scada il bando e il “fumus boni iuris”, cioè che a Genova fumano erba tagliata male.
Non è semplice, anche perché i “Biancheri Boys” dovranno prima depositare il ricorso principale di merito e chiedere la fissazione dell’udienza di trattazione, altrimenti il Consiglio di Stato non sa di cosa si sta parlando.
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Parlano, invece, senza sapere cosa dicono gli attori dello psico-dramma e il coro delle prefiche cartacee e digitali, e francamente stringe il cuore dover constatare che non hanno capito un cazzo.
Tra ieri e oggi c’è da compilare un manuale di psichiatria clinica con un glossario delle voci più gettonate in calce al volume.
Il capitolo I° si intitola: “NON È SUCCESSO NIENTE!” nel senso che il TAR nella 26ma pagina fuori onda gli ha gridato: “Siete su scherzi a parte!”.
Incuriosito dalla locandina uno prende un quotidiano cartaceo e scopre che hanno letto le motivazioni, che sono meno dure del previsto, che possono “ribandire” la gara sempre col loro progetto ma però con rinuncia alla prelazione e al rimborso spese di progettazione, qualora non risultassero vincitori.
Come dire che Maometto è stato scomunicato perché ha detto Messa da solo e col Corano sul messale ma che adesso può dirla di nuovo, sempre col Corano però in pubblico e senza raccogliere le elemosine.
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Più intrigante il II° capitolo dal titolo sado-maso: “INSULTAMI, CHE GODO!” nel senso che il TAR li ha “bacchettati” perché loro, tradizionalisti, erano in modalità “orgasmo di coppia”, però il Tribunale dopo averli insultati, non ha nulla da eccepire se l’orgasmo è di gruppo tra libidinosi.
Il bello è che le facce di bronzo pubblicano tutto come se le bacchettate fossero “sado” su youporn o, se preferite, il “mea culpa” espiatorio di peccatori pentiti e perdonati.
Il glossario farebbe arrossire Cicciolina se l’avessero eletta sindaco di Sanremo.
Si parte da un peccato amministrativamente VENIALE ma politicamente MORTALE.
“Idea progettuale sviluppata in un dialogo tête-à-tête con lo scopo di tramutarla, da proposta MACROSCOPICAMENTE NON CONFORME ALL’INTERESSE PUBBLICO SOTTO I PROFILI DEI RISCHI DELL’INTERVENTO E DELL’IMMENSO GUADAGNO DEL SOLO IMPRENDITORE, in una congrua proposta di project.”
Si passa dal peccato politicamente MORTALE della “Sovrapposizione indebita dei ruoli dell’Amministrazione e del proponente” al peccato giuridicamente MORTALE della “Negazione incomprensibile di una pari opportunità di rinnovamento anche agli altri competitors.”
E qui si fermano gli “Scherzi a parte!” e le risate assolutorie su Maometto che dice Messa in pubblico e l’ammucchiata smette di scherzare.
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Il capitolo III° ha un titolo serio: “SCUDO PENITENZIALE”, a protezione dai misteri del confessionale sacramentale che evoca gli “Avvertimenti ai Confessori e il Direttorio della Confessione Generale del B. Leonardo da Porto-Maurizio.”
“Misteri del confessionale” perché possono essercene altri di peccati, politici e legali, e a giudicarli non ci sarebbe soltanto il confessionale amministrativo che per penitenza annulla il procedimento, ma altri confessori competenti a esaminare i comportamenti “fotografati” dal TAR nelle tre sentenze del 19 dicembre 2022, numero 1111/2022 e numero 11112/2022, e del 3 gennaio 2023 numero 00008.
Per esempio il confessionale civile nel caso che i “Biancheri Boys” non facciano gol a Roma al Palazzo Spada e che il Consiglio di Stato confermi la sentenza.
Ecco allora che la “determina a contrarre del 12 agosto 2022 ed il bando di gara pubblicato il 23 agosto 2022” diventano carta straccia, venduta, dice un giornale, a 13 milioni ai “Reuben Brothers” più un milioncino di spese tecniche e amministrative.
Chi paga?
Viene in mente, in tal caso, un episodio della commedia all’italiana ispirato a una novella di Italo Calvino.
Il glossario su questo III° capitolo del manuale di psichiatria clinica è ispirato alla buonafede, alla separazione tra indirizzi politici e responsabilità dirigenziale, alla manleva nei contratti aleatori di cessione azionaria, alla presunzione iuris et de iure degli atti amministrativi e, diciamocelo, alla protezione di San Romolo, il nostro Patrono.
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In appendice sotto lo scudo c’è sempre l’arma segreta, quella giudiziaria “ad personam”, ma finora nessuno ha offeso l’onore e la reputazione di nessuno, i “Biancheri Boys” sono tutti brave perzone, Senatores boni viri, Senatus, eventualmente, mala bestia.
Bruno Giri

 

Quando il Potere annega in un bicchiere d’acqua…

In primo piano


Non devo farmi sentire per evitare che mi aumenti la parcella, però bisogna riconoscere che i consulenti legali di Saturno sono più bravi di quelli terrestri.
L’altro giorno Baby Yoda paragonava l’Amministrazione comunale di Sanremo a Rocambole perché aveva rubato lo “ius variandi et corrigendi” a due dei tre concorrenti e l’aveva considerata una specie di Houdini che cambia in continuazione le carte in tavola e questa mattina arriva il TAR a dargli ragione.
In pratica per il Tribunale i “Biancheri Boys” erano partiti bene, niente da dire, con 7 parametri di valutazione come si fa anche a Miss Italia con taglia, inclinazione del capezzolo e coppa di champagne come unità di misura del seno, per non parlare del resto.
Ma poi hanno miscelato i parametri nello shaker di Giunta e il cocktail se lo è bevuto il primo proponente, predestinato alla vittoria grazie al diritto di prelazione.
Agli altri due neanche gli stuzzichini, anzi il 27 maggio 2019 nel mandarli a fanculo i “Biancheri Boys” li hanno sfidati a ricorrere al TAR “secondo il disposto dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990” e loro, come abbiamo visto, hanno accettato la sfida.
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Il Collegio giudicante adesso spiega che quando a ballare non è un ballerino solo ma ce ne sono tre si deve rispettare la “par condicio” e in questo caso, come aveva detto il mio consulente alieno, tutti devono poter cambiare il passo di danza adeguandolo alla 5 richieste dei “Biancheri Boys”.
Adeguamento del Piano finanziario e della convenzione, rimodulazione dei rischi, indagini, sondaggi geologici e scavi archeologici definiti da loro “non sostanziali”, belinate che non cambiano la proposta che avevano scelto, però senza di quelli undici mesi dopo non poteva esserci la dichiarazione di pubblico interesse e l’inserimento negli atti di programmazione delle OO.PP. comunali.
Il che, diciamocelo, non è prova di lucidità di mente.
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Le carte in tavola cambieranno di nuovo nella Conferenza dei Servizi asincrona tra gennaio 2020 e aprile 2021 per accontentare i privati coinvolti nell’avventura, baristi, pescatori e canottieri e anche gli Enti pubblici partecipanti a vario titolo, senza dimenticare l’enorme incremento degli investimenti previsti e l’adeguamento alle ultime linee-guida ANAC.
Un altro cambiamento avverrà alla Robin Hood, per ridare al partner privato quello che quel rompicoglioni di RUP gli aveva tolto con l’adeguamento del Piano finanziario e della convenzione e con la rimodulazione dei rischi che erano state tra le 5 richieste che i “Biancheri Boys” “obtorto collo” avevano dovuto imporgli.
Il TAR ha scoperto gli altarini di Robin Hood con queste parole: “… pur in presenza di una matrice dei rischi formalmente corretta, il trasferimento dei rischi … in capo al concessionario può non essere effettivo se a vantaggio di quest’ultimo sono previsti extra-redditi”.
Detta alla Oxfordiana, l’operazione è nata col partner privato che faceva il bulicio con il culo del Comune, poi il RUP se ne è accorto e il Comune ha dovuto rimodulare la situazione, però per restituirgli con la mano sinistra quello che gli aveva tolto con la mano destra ha aumentato le tariffe praticate dal partner privato e quindi i suoi redditi.
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Le 25 pagine della Sentenza del TAR confermano quello che Baby Yoda mi aveva detto e confermato per scritto, mi ricordo bene, era il giorno del mio Onomastico, San Martino, di tre anni fa, cioè che l’iniziativa sarebbe finita a puttane per due stupide questioni procedurali, violazione di “par condicio” in presenza di più proposte e varianti sostanziali del progetto a base d’asta.
Correttamente adesso il Tribunale chiamato a giudicare la legalità dell’atto amministrativo e non il merito lo conferma in due semplici passaggi “ad escludendum” che riassumo:
I. La legge accorda al Comune una amplissima discrezionalità tecnica e “politica” nella scelta progettuale di pubblico interesse e nella interlocuzione con il proponente soltanto quando è “unico”.
II. In tutti e due i casi, unico oppure più d’uno, il progetto a base d’asta non può variare le motivazioni di pubblico interesse alla base della scelta effettuata.
Detto alla Oxfordiana, due stronzate, figlie dell’arroganza del Potere.
Lo dico per tutti gli umili come me che si interrogano sul destino di una comunità che ne subisce duramente le conseguenze.
Bruno Giri

A Baby Yoda piace giocare come il gatto con il topo.

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Sul pianeta del mio consulente alieno con studio legale su Saturno il 2023 deve essere l’“Anno del Gatto”.
Baby Yoda aveva dato l’addio al 2022 perculando il giornalista che narra i fatti come fossero gelati da servire secondo i gusti e le preferenze di chi li lecca.
Adesso saluta l’anno nuovo con similitudini feline “abbreviate”, come Quintiliano definiva queste figure semantiche, metafore che, evidentemente, non sono soltanto cinesi ma anche aliene.
*****
A Baby Yoda ho chiesto un parere “pro veritate” sul gelato mattutino del giornalista, una coppa al gusto di “speranza” ma con un retrogusto amaro di “carte bollate” e di “burocrazia”,
E lui, per prima cosa, “gatton gattoni” è andato a prendersi il dispositivo della sentenza TAR n. 1112 del 19 dicembre 2022 per leggere quali sono i “provvedimenti gravati” che sono stati annullati dal Tribunale.
Il ricorso introduttivo e i quattro “gravami” via via aggiunti li indicano, contrassegnati dalla lettera A alla lettera E, uno per uno.
Nell’ultimo c’è scritto: “E – per quanto riguarda il quarto ricorso per motivi aggiunti: [ANNULLAMENTO] – della determina a contrattare n. 3066 del 12.8.2022 e del bando di gara pubblicato il 23.8.2022”
Dunque, ha concluso Baby Yoda, il gatto si è mangiato il topo, il bando di gara che doveva scadere tra 28 giorni, alle ore 13 del 30 gennaio 2023, non c’è più, è stato annullato, è sparito dal mondo giuridico, è “tamquam non esset” dicevano gli antichi.
Infatti l’articolo 33, comma 2, del Codice di procedura amministrativa dice: “2. Le sentenze di primo grado sono esecutive.”
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A questo punto, e a proposito di gatto, visto che la “speranza” è l’ultima a morire ecco scendere in campo un insigne giurista tradotto in decine di lingue, Giovanni Trapattoni.
Lo fa con il suo celebre brocardo “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, e chi dovrebbe prenderlo per la coda e tenerlo fuori dal sacco è il Consiglio di Stato accogliendo l’istanza cautelare di sospendere l’efficacia della sentenza.
Ma è dura, mi spiega Baby Yoda, e adesso io non so come dire al giornalista che quella che sta spalmando nella coppa non è nutella.
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Intanto non è come nel processo civile dove un giudice di buon cuore può sospendere la sentenza esecutiva per “gravi motivi” che prende a cazzo, qui nel processo amministrativo bisogna fornire la prova che dalla esecuzione della sentenza, esecutiva per legge, “possano derivare danni gravi e irreparabili.”
In questo caso, mi spiega il giurista alieno, è peggio di una prova diabolica, perché grazie alla “sperata” conclusione della gara con o senza esercizio del diritto di prelazione, la cosa non cambia, dalle ceneri del procedimento annullato nascerebbe l’araba fenice del “contratto civile d’appalto”, un uccello di fuoco che si infila direttamente tra le chiappe di chi l’ha chiesta.
Senza dimenticare, tra l’altro, la riforma Amato-Bassanini-Fassino del 2000 che ha parificato le sentenze “esecutive” per legge, come quelle del TAR, e le sentenze “definitive” ai fini della ottemperanza alle loro statuizioni,
Così, mi ha spiegato Baby Yoda, se poi il Consiglio di Stato non accerta madornali vizi di legittimità della sentenza del TAR il vincitore si troverà in mano solo un pezzo di carta che in nome del Popolo Italiano gli dà ragione riconoscendo che la strada imboccata dall’Amministrazione comunale era sbagliata.
Ma se, invece, la “speranza” si realizzasse e la gara andasse a conclusione con la firma di un “contratto civile d’appalto” “illegittimo” e quindi “nullo” (e magari con la consegna dei lavori) la musica cambierebbe e, estikazzy! scenderebbero in campo gli avvocati di “civil low”.
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Ma il gelato di questa mattina non aveva solo gusto di “speranza”, c’era anche quello di “indignazione” per l’affronto subito dall’Amministrazione comunale per colpa di un novantenne che cinquant’anni prima lì vicino si era fatto un porto tutto suo e che invece di farsi i cazzi suoi adesso voleva farsene un altro.
Qua e là tante spruzzatine di angostura dal gusto amarognolo, che poi è un mix di rimpianto, di compatimento, di nostalgia e di ribellione messi lì al posto dei chiodi di garofano, della radice di genziana, del cardamomo, dell’essenza di arance amare e della china.
Il Comune ricordato come un alveare con infaticabili api operaie al lavoro per realizzare l’ambizioso progetto, dove la generosa ape regina aveva atteso un anno e mezzo l’ingrato fuco che l’avrebbe tradita al TAR e proprio quando la pappa reale e il miele erano pronti a sgorgare dalla cornucopia.
Mentre pensavo a tutto questo Baby Yoga da Saturno mi mandava un messaggio di tre parole e un punto interrogativo: “Demanio, Convitato Pietra?”.
Vallo a capire.
Bruno Giri

quando manca trippa per gatti

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Questa mattina, mercoledì 3 gennaio 2023, con il cappuccino e il cornetto davanti, mi arriva da Saturno il messaggio con il quale Baby Yoda mi informa che il TAR ha depositato la sentenza completa n. 00008/2023 sulla puttanata di Porto Vecchio dopo aver anticipato il solo dispositivo il 19 dicembre scorso.
Apro l’allegato di 25 pagine del messaggio del mio consulente alieno e sto attento all’inchiostro ancora fresco.
*****
Segue su Skype l’ABSTRACT del suo parere a puntate in progress che copio e incollo.
“È una autentica “Lectio Magistralis” sul partenariato pubblico privato e una durissima sentenza di condanna del comportamento dell’Amministrazione comunale.
Per esempio:
I rischi al Comune e gli extra redditi al partner privato.
Il partner scelto dal Comune in un confronto senza criteri preventivi, con canone che cambia in corso di partita e, come ieri diceva Baby Yoda, “come Rocambole ladro gentiluomo, aveva derubato gli altri due proponenti della possibilità di presentare anche loro “modifiche e integrazioni”, potenzialmente copia incolla e recettizie o addirittura migliorative rispetto a quella preferita.”
Illegittima produzione in sanatoria di elementi essenziali, eccetera, eccetera, eccetera.”
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Troppa roba, il cappuccino è freddo, Baby Yoda mi dice che al Consiglio di Stato non c’è trippa per i gatti, il che mi conferma che su Saturno il 2023 è l’Anno del Gatto.
Bruno Giri

La legalità è come il gelato, va secondo i gusti.

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“Il giornalista non deve narrare i fatti. Deve inventarli.” (Pitigrilli)
La logica di questo paradosso è che del “fatto”, come del gelato, ci sono infiniti gusti e ogni lettore ha le sue preferenze. Va accontentato.
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Metti che un giorno ad alcune persone facoltose venga in testa di fare del “Porto Vecchio” di Sanremo la copia “mignon” di “Port Vell” in lingua catalana, a Barcellona.
Idea intrigante e non peregrina.
Il 4 agosto 2017 le persone in questione depositano al protocollo comunale col numero 56773 una proposta di fattibilità che nel corso di 65 anni di concessione si finanzierà con i flussi di cassa generati dall’opera, e questo per il giornalista è il primo “fatto” da reinventare in base alle preferenze di chi legge.
In forza della terza legge di Newton per la quale a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria ecco reagire al primo un secondo “fatto”.
In questo caso la reazione è doppia perché le proposte di fattibilità contrarie ma non uguali depositate al protocollo comunale sono due, il 31 gennaio 2018 con il numero 8023 l’una e il 19 dicembre 2018 con in numero 0104138 l’altra, seguite il giorno 20 dicembre 2019 dalla nota del RUP di apertura del procedimento di Conferenza dei Servizi preliminare asincrona.
La consigliatura 2014-2019 è agli sgoccioli, il 26 maggio 2019 si svolgeranno le elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione comunale e la scelta è tra la conferma di quella uscente e l’ingresso di una nuova capeggiata, guarda caso, dal presidente dell’associazione canottieri che ha la sua sede proprio nel Porto Vecchio.
Ma, non ostante questo fortuito dettaglio, l’Esecutivo comunale trova il modo nei titoli di coda di compiere il terzo “fatto” giornalisticamente tutto da reinventare.
Infatti il 15 gennaio 2019 con il verbale numero 9 valuta le tre proposte e stabilisce che quella “di maggiore interesse” è la prima, però con modifiche e integrazioni, dopo le quali potrà intervenire una “dichiarazione di fattibilità”.
La reinvenzione di questi tre “fatti” da parte del giornalista è univoca e si traduce in un messaggio euforico e rassicurante, tipo “sarà una passeggiata”, “siamo in una botte di ferro”, “è una svolta epocale”, “tranquilli, siamo in buone mani”.
Aveva contribuito a questa sbornia di sfrenato ottimismo il 17 aprile 2018 la bacchettata del TAR Liguria, sentenza n. 348/2018, data sulle dita di due facoltosi fratelli inglesi che l’8 novembre 2017 avevano chiesto all’Amministrazione comunale di poter curiosare sulla proposta delle persone facoltose depositata il 4 agosto 2017 precedente.
“Giocate a mosca cieca! Occhi bendati fino alla dichiarazione di pubblico interesse di una tra le varie proposte presentate!”, questa la risposta del Tribunale che rinviava il disvelamento allo “incertus quando”.
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Però per il giornalista dover stabilire quando diventa certo il “dies ad quem” si trasforma in un rocambolesco quarto “fatto” da reinventare.
Questo perché, come sappiamo, il disvelamento era già avvenuto dieci mesi prima, appunto il 15 gennaio 2019, quando l’Esecutivo con la deliberazione n. 9 aveva tolto la benda dagli occhi dei tre “giocatori a mosca cieca”.
Lo aveva fatto allegando la “Relazione istruttoria del RUP” che in 27 pagine descrive nel dettaglio tutti gli elementi “sensibili” delle loro tre proposte.
Pudicamente l’Albo Pretorio digitale ha negato l’accesso alla delibera in questione, però non essendo segretata, si è venuto a sapere che con lei l’Esecutivo comunale, come Rocambole ladro gentiluomo, aveva derubato gli altri due proponenti della possibilità di presentare anche loro “modifiche e integrazioni”, potenzialmente copia incolla e recettizie o addirittura migliorative rispetto a quella preferita.
Furto con destrezza che ha preceduto il quinto “fatto”, cioè la “dichiarazione di fattibilità e di pubblico interesse” formale, ufficiale, definitiva e “tranchant” che avverrà a favore del primo proponente soltanto l’11 novembre 2019 con la deliberazione n. 258.
L’euforia e la sbornia di sfrenato ottimismo del giornalista prenderanno toni lirici e raggiungeranno l’estasi quando, con il sesto “fatto” il TAR il 13 marzo 2019 con l’Ordinanza cautelare n. 63 bastonerà a sangue due facoltosi fratelli inglesi.
Loro due il 14 febbraio 2019 avevano notificato e poi il 25 febbraio 2019 avevano depositato un ricorso con il quale chiedevano al TAR di annullare la delibera dell’Esecutivo comunale n. 9 del 15 gennaio 2019 e la “Relazione RUP” allegata, e nel frattempo di sospenderne l’efficacia e tornavano alla carica su una nuova loro domanda di accesso depositata il 18 gennaio 2019.
Le bastonate a sangue erano soltanto cautelari ma nei toni lasciavano trasparire una certa “benevolenza” nei confronti del Comune, tipo “…. l’atto di giunta non evidenzia profili di danno grave e irreparabile….”, tipo “….vanno apprezzate … la natura del procedimento in corso e la fase di acquisizione di atti e informazioni aperta dall’amministrazione; ne deriva che non appare allo stato conclusa…” e tipo sull’accesso agli atti “…..il collegio si è pronunciato con la sentenza 348/2018, e la situazione non appare allo stato mutata…”.
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A questo punto, dopo l’11 novembre 2019 chiedere al giornalista di rilassarsi e di abbassare i toni era come svegliarlo mentre sognava di ingropparsi Belem, anche perché lei non voleva più smettere.
E sì! Ormai il “fatto” che il giornalista aveva reinventato era diventato contagioso e Sanremo, come Codogno, era finita in zona rossa dove il virus pandemico dell’ottimismo contagiava tutti.
Si registravano picchi inimmaginabili e neppure il Principato di Monaco era rimasto immune entrando nel business con una sua partecipata.
Il “fatto” inventato dal giornalista era “Eureka! È fatta!”
Invece e in controtendenza da qual momento in poi a ogni passo avanti di Archimede i due giocatori a mosca cieca esclusi depositavano al TAR lo speculare motivo aggiunto al ricorso introduttivo col quale fin dagli inizi avevano detto, come Bartali, che “l’era tutto da rifare!”
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All’annuncio del settimo “fatto”, cioè che il 15 novembre 2022 i due facoltosi fratelli inglesi si erano ingroppata la bella “Favorita” con la benedizione del suo Padre nobile promosso Presidente Onorario, il giornalista avrà anche lui un orgasmo messianico reinventando la cosa come l’epilogo di una radiosa epopea.
Ignorava che anche il terzo incomodo come i due fratelli inglesi aveva ottenuto dal TAR la fissazione al 2 dicembre 2022 dell’udienza di trattazione del suo ricorso e della decisione finale.
Dopo l’ingroppamento, invece, le levatrici pensavano già di vedere alla luce un neonato “soggetto unico” sotto un’unica bandiera, la Union Jack, il quale non potendo “litigare con sé stesso” e grazie al diritto di prelazione su tutti gli altri eventuali partecipanti alla gara europea, avrebbe accelerato la conclusione dell’epica avventura.
Del medesimo avviso il sindaco: “Da questo passaggio di quote ci si può aspettare un’accelerazione della tempistica, sia per la pubblicazione dell’appalto, sia per l’inizio dei lavori. A febbraio [ci sarà] l’apertura delle buste, dopo un anno il via ai lavori e dopo altri 3 anni il termine che spero quindi possa arrivare tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027”.
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Pitigrilli ha scritto il romanzo d’appendice “Saturno” e da quel pianeta il 19 novembre 2022 il mio consulente alieno, Baby Yoda, aveva espresso forti dubbi su quest’ultimo settimo “fatto” inventato dal giornalista.
Diceva infatti di sospettare che il “p.q.m.”, acronimo di “per questi motivi”, del TAR mandi (letteralmente) “a puttane e converta in carta straccia gli atti relativi” alla procedura aperta a Sanremo dall’Amministrazione il 4 agosto 2017 da alcune persone facoltose.
Aveva ragione, il 19 dicembre 2022, un mese esatto dopo, il TAR pronuncerà due sentenze con i numeri 1111 e 1112.
Con la prima si prenderà atto che “il 1° dicembre 2022 …. la ricorrente Portosole C.N.I.S. s.p.a. ….. ha aggiunto di non nutrire più interesse a coltivare la presente impugnativa, per via della recentissima operazione societaria in forza della quale i suoi azionisti hanno acquisito le quote di Porto di Sanremo s.r.l.” e di conseguenza il TAR ha dichiarato che il ricorso “deve ritenersi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse”.
Con la seconda invece il TAR, “PER LE RAGIONI CHE SARANNO ESPOSTE IN MOTIVAZIONE definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui quattro ricorsi per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, accoglie l’impugnativa e, per l’effetto, annulla i provvedimenti gravati, ai sensi e per gli effetti precisati in motivazione.”
Dopo l’immediato e ovvio preannuncio di appello in Consiglio di Stato non appena lette le motivazioni e con ovvia richiesta di sospensiva per periculum in mora, sono dodici giorni che il giornalista pensa a questo ottavo “fatto” da inventare con davanti al bancone dei gelati una coda interminabile di clienti rimasti senza preferenze sui gusti da ordinare.
Bruno Giri

 

A Natale si raccontano le fiabe…..

In primo piano

L’ingresso della realtà nel mondo delle fiabe ha tempi diversi, dipende dal genere e dal luogo.
A Sanremo, per esempio, la “legalità” amministrativa sopravvive non più di due o al massimo tre generazioni, dopo di che la legge evapora e tutto finisce in una nuova “Mille e una notte”.
Ieri l’altro “the Genius of the lamp” era inglese e, racconta la fiaba, su ordine di Aladino avrebbe dovuto uccidere l’Ecomostro che fin dalla notte dei tempi rovina il sonno agli abitanti.
A fermargli la mano è stato il Demanio marittimo, un Mostro Malvagio che è apparso in Conferenza dei Servizi decisoria, reclamando da Reuben Brothers, “The Aladdin”, la restituzione di tre sue piscine per una superficie complessiva di mq 2.650.
Ognuno a Sanremo ha il proprio Genio e quello del Demanio marittimo è l’Avvocatura dello Stato alla quale chiedere la conferma che le lucciole possono essere scambiate per lampade.

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Lo scambio oggi avviene su due superfici asimmetriche, una del Demanio e l’altra del Comune.
Quella del Demanio, di mq. 343.010 va dalla foce del Torrente San Martino alla foce del Torrente San Francesco.
La superficie comunale, invece, cioè la zona L 1 del P.R.G., di mq. 263.860 si ferma alla foce del Rio San Lazzaro e lascia fuori la zona urbanistica “BL” balneare di mq. 79.150 dove ci sono le ultime quattro lucciole rimaste accese, gli stabilimenti “Morgana”, “Italia”, “Lido” e “Arenella”.
Le lucciole spente dal Comandante del Dipartimento Marittimo di Imperia il 2 agosto 1974 illuminavano gli otto storici stabilimenti balneari presenti nella zona L1 del P.R.G., ecco i loro nomi: Florida, Aurora, Elios, Suore della Misericordia “Don Orione”, Mediterranée, Rotonda, Eden Roc e Bikini.
Al loro posto si sono accese altrettante lampade sul litorale e sullo specchio acqueo antistante, concessi dal Demanio alla società CNIS Portosole S.p.A. di Martolini e Piras il 27 settembre 1975 con validità fino al 31 luglio 2024 perché vi facessero un porto privato per la nautica da diporto.
Ognuna di quelle lampade nei 47 anni successivi è stata sfregata dall’Aladino di turno e ne è uscito sempre il Genio sbagliato rispetto alla fiaba delle “Mille e una notte”.

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Tra i tanti Aladini sbagliati ci sono anch’io, l’assessore all’urbanistica che il 14 febbraio 1989 ha portato in Consiglio comunale e fatto approvare il piano attuativo della zona L1 suddiviso in 11 lotti, però una volta tanto il mio è stato un semplice peccato veniale.
I peccati mortali che interessano direttamente Reuben Brothers, “The Aladdin”, sono di chi sul “Lotto 3” ha generato l’Ecomostro addormentato il 20 dicembre 2001 e di chi ha avuto a che fare con i tre vizi occulti del progetto originario del porto firmato “Martolini” e “Studio Maggiora & Vergnano”: 1) il Rio Rubino che sfocia all’interno dello specchio portuale e che, forse, ha provocato il crollo di un pontile; 2) il P.A.R.F. acronimo di “Piano di Attuazione Rete Fognaria” che fa il depuratore a Capo Verde direttamente collegato con la stazione di sollevamento di San Lazzaro da un collettore che interferisce con l’area portuale; 3) la “Pozzanghera marina” di 79.150 metri quadrati nella zona “BL” del P.R.G. dove l’atto di concessione demaniale marittima 27 settembre 1975 prevede l’obbligo di realizzare tre piscine scoperte di mq 2.650 complessivi per un importo stimato di lire 1.500.000.000 al quale corrispondono € 1.354.149,99 attualizzati a 5 anni fa, piscine “che dovranno sostituire ai fini della balneazione lo specchio acqueo antistante ormai inidoneo per la presenza dei due porti che lo racchiudono”.

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Il rimedio dei primi due vizi occulti è ormai entrato da decenni nel mondo delle fiabe, le sue origini risalgono al 27 maggio 1977 quando “iussu Principis” il Sindaco dell’epoca, Vento, ordinò alla società concessionaria di tombinare il rio Rubino fino e dentro il bacino portuale e di incanalare la fognatura in un collettore in PVC di 300 mm. di diametro per 260 metri di lunghezza fino a raggiungere la stazione di pompaggio del Rio San Lazzaro, ordine quest’ultimo che sarà eseguito solo fino al sottopasso di via del Castillo.
È successo due Piani Regolatori fa, quando dal 18 gennaio 1960 era ancora in vigore il Piano Regolatore del professor Morini portato in Consiglio comunale il 12 luglio 1955 dal sindaco Asquasciati e che era stato firmato dal Ministro dei Lavori Pubblici Togni e controfirmato dal Presidente Gronchi in applicazione della Legge Urbanistica del 1942 di Mussolini.
Sul terzo vizio occulto, invece, quello della “Pozzanghera marina” tra i due Porti da riempire con tre piscine, è scoppiata una guerra tipo quella dei Cent’Anni tra Inghilterra e Francia, suddivisa in tre fasi: 1) l’invasione 1990-91; 2) l’armistizio 11 luglio 2018 e 3) la resa dicembre 2022 in “Conferenza dei Servizi” sospesa in attesa del responso dell’Avvocatura dello Stato.

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L’invasione dal mare è avvenuta tra due date, il 26 settembre 1989, giorno del mio addio all’assessorato, e il 30 agosto 1990 firma del Decreto regionale n. 1064 che approverà il Piano attuativo di “Portosole” che in precedenza era stato portato da me in Consiglio comunale, fatto approvare e poi controdedotto.
Lo sbarco della società CNIS Portosole S.p.A., nel frattempo passata a Gianni Cozzi, è avvenuto il 28 marzo 1990 sullo specchio acqueo tra il Rio San Lazzaro e il Torrente San Francesco e sulla spiaggia relativa, inclusa l’invasione dello storico edificio del “Morgana”, costruito nel 1890 dalla “Societa’ di Bagni Marini” di Filippo Grossi al tempo della “Belle Epoque”, poi demolito e ricostruito in stile fascista nel 1936, XII E.F., e in passato anche “dependance” del Casinò.
La società per poter costruire le tre piscine aveva chiesto al Ministero della Marina Mercantile il subingresso cinquantennale nelle concessioni demaniali non ancora scadute dei quattro stabilimenti balneari esistenti e la concessione di quella dell’edificio demaniale del “Morgana” che invece era da tempo giunta a scadenza.
La “Resistenza” all’invasore da parte di legioni di avvocati vittoriosi, reclutati dai concessionari è entrata nella Storia del diritto prima di finire anche lei nel mondo delle “Mille e una notte.

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Dopo le preistoriche “opere provvisionali di cantiere” e quelle idrauliche e idriche di “necessità e urgenza” che hanno preceduto l’entrata in vigore del mio Piano attuativo, l’invasione da terra è avvenuta sul n.° 3 degli 11 lotti nei quali era suddiviso, quello immediatamente a levante dello spartiacque tra le due zone L1 e BL sul quale era previsto un albergo e un parcheggio e si è sviluppata per ondate successive fino al sonno ininterrotto di un Ecomostro che dura ormai da vent’anni.
In questo caso le operazioni belliche hanno dovuto attendere il Decreto regionale del 30 agosto 1990 di approvazione definiva e poi un anno e mezzo dopo anche la formalizzazione della mia “bozza” allegata al Piano attuativo avvenuta nello Studio del Notaio Donetti con la stipula della convenzione 30 novembre 1991 Rep. n. 8594 e Racc. 3301 tra il presidente della società Gianni Cozzi e Onorato Lanza sindaco.
Un paio di settimane dopo, il 14 dicembre 1991 sarà protocollato con il numero di pratica edilizia C 1028 il progetto dell’Ecomostro sul “Lotto 3” e l’8 marzo 1993 arriva il primo “Permesso di costruire”, che sarà annullato dal Ministero dei Beni Ambientali il 13 agosto 1993 e quindi resuscitato il 25 agosto 1994.
La “Resistenza” all’invasore anche sulla terraferma ha mobilitato legioni di partigiani e questa volta, prima di finire anche lei nel mondo delle “Mille e una notte”, transiterà attraverso la cronaca nera, conoscerà i deliri dell’espansione all’infinito dei posti barca e del contrapposto ritorno ambientalista allo stato di natura, e naufragherà sugli scogli della spirale di ristrutturazione del debito sociale preconcordataria che coinvolgeva anche il “Porto degli Scoglietti” di Ventimiglia.
“Resistenza” che finirà in vacca.
Prima il procedimento amministrativo di revisione del Permesso di costruire, avviato il 28 maggio 1996 dopo polemiche isteriche in Consiglio comunale e archiviato il 5 febbraio 1997 dalla Giunta sulla base del parere pro veritate depositato il 2 gennaio 1997 dall’arbitro avvocato Corrado Mauceri di “insussistenza dei presupposti e dei requisiti per una conclusione positiva”.
Poi anche il processo penale a carico degli amministratori del C.N.I.S. e dei tecnici si concluderà più tardi, nel 2006, ma allo stesso modo, con la loro assoluzione perché il fatto non sussiste in assenza di dolo nelle irregolarità denunciate da “Legambiente”, difformità che, tra l’altro, risultavano condonate.
La prima betoniera dopo il lavoro dei carpentieri arriverà in cantiere il 30 luglio 1999 e l’ultima troverà il cancello chiuso il 20 dicembre 2001 con appiccicato un foglio con su scritto che all’esito del sopralluogo effettuato il 5 settembre 2001 nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato ai sensi dell’art. 14 della legge 47/85 si sospendevano i lavori e si ordinava il ripristino dei luoghi.
Il 20 e il 23 giugno 2008 finirà in vacca anche l’ultima resistenza all’invasore, tutte le difformità saranno condonate e il 15 maggio 2009 la società otterrà a protocollo n. 5322 il mitico “Permesso di costruire” n. 67 che la autorizzava a completare la struttura turistico-ricettiva prevista sul “Lotto 3”, ma anche questo titolo edilizio finirà in vacca a causa del mancato inizio lavori nel termine di legge non ostante un avviso di “inizio lavori” del 14 maggio 2010 rimasto senza seguito.

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Dopo la “ammuina” del sindaco Zoccarato e del suo assessore Dolzan proseguita per l’intero quinquennio 2009-2014 con la Conferenza dei Servizi preliminare sulla variante al mitico “Permesso di costruire” n. 67 decaduto, il fiammifero dell’armistizio con la società “CNIS Portosole S.p.A.” adesso è tra le dita del sindaco Biancheri per il quale, come sappiamo, il Demanio marittimo è un Mostro Malvagio, e lo dimostra anche in occasione della pratica del restyling di “Porto Vecchio” da esorcizzare con la magia del project financing.
Il 30 luglio 2018 in Consiglio comunale Biancheri lo ha acceso con un triplo salto mortale senza rete.
Dove il primo salto è l’abbandono delle procedure urbanistiche e il ridimensionamento di quelle ambientali in presenza di “attività produttive” grazie al “doping” della legge regionale n. 10/2012.
Dove il secondo salto è il conto senza l’oste in casa del Demanio, barattando le tre piscine con un fantomatico “impianto di rigenerazione e ossigenazione delle acque all’interno dei due bacini portuali. Questo in compensazione delle opere che dovevano essere eseguite nella convenzione originaria con Portosole…” del costo di € 668.300,00 al quale si aggiungono a scomputo € 568.000,00 per lo sbocco nel rio San Lazzaro e quindi per un totale complessivo di € 1.236.300,00 e quindi con un credito a favore del Comune di € 117.849,99 come spiega l’assessore Trucchi.
Il quale assessore ignora che la convenzione è tra il Demanio e la Società, che il Comune c’entra come i cavoli a merenda, che la cifra di € 1.354.149,99 è il valore stimato delle piscine che sostituisce e compensa quello dei beni reali demaniali passati alla società concessionaria.
Dove il terzo salto è nei numeri della variante “attività produttive” con 10.747,08 metri cubi in più rispetto alla volumetria massima del “mio” Piano urbanistico attuativo che si dà per attuato e operante e di cui grazie alla legge regionale n. 10/2012 sulla semplificazione amministrativa, si propone una variante implementativa.

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Chissà se l’Avvocatura dello Stato racconterà al Demanio il finale di questa fiaba: “……e vissero tutti felici e contenti.”

Bruno Giri

Studio Legale Baby Yoda

In primo piano

Guarda cosa ho trovato nella carta al macero della differenziata.
Studio Legale Baby Yoda
Galassia “Via Lattea”
Saturno
Anello B
27 Febbraio 2018
Egregio Signore,
facendo seguito alla Sua richiesta di parere “pro veritate” sulla legittimità del procedimento avviato dal comune di Sanremo per un Progetto di finanza ai sensi dell’articolo 183 c. 15 del D. Lgs. 50/2016 relativo alla realizzazione in concessione delle opere e dei lavori di riordino e di riqualificazione del comparto marittimo sanremese comprendente il bacino del porto storico e aree adiacenti di cui alle due proposte prot. n. 8023 del 31.01.2018 e n. 12151 del 14.02.2018, formulo qui di seguito le mie considerazioni in ordine ai quesiti sottoposti riguardanti i possibili vizi pregiudiziali e dirimenti.
Primo quesito
1°. Il Regolamento 509/1997 (“regionalizzato” ma tuttavia ancora da applicarsi quando una Regione, come la Liguria, non ha esercitato la propria competenza legislativa esclusiva in materia ai sensi dell’art. 117 della Costituzione), contiene la disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto e prevede un percorso istruttorio completamente diverso da quello seguito dal Comune.
In base ad esso i destinatari della domanda con allegato il progetto preliminare conforme al “Codice dei contratti pubblici” sono il Capo del Compartimento Marittimo, titolare del procedimento, e il Sindaco per conoscenza e seguito.
Segue infatti la pubblicazione per 90 giorni allo scopo di acquisire osservazioni o di ricevere altre domande.
Segue quindi la Conferenza dei Servizi convocata dal Sindaco per verificare i requisiti della domande dal punto di vista urbanistico, edilizio, tecnico, ambientale, paesaggistico, storico e culturale.
Con preavviso di 90 giorni il Sindaco chiama a partecipare alla Conferenza di servizi e ad esprimere la propria valutazione nell’esercizio della rispettiva sfera di attribuzioni qualsiasi Ente o Ufficio titolare di uno specifico interesse di rilievo pubblico e in particolare la Regione alla quale spetta il giudizio di “ammissibilità del progetto sotto il profilo urbanistico e pianificatorio”, il Comune che si pronuncia su quello di “ammissibilità sotto il profilo urbanistico edilizio”, e via via la Circoscrizione Doganale, l’Autorità portuale ove esistente, l’Ufficio del Genio Civile, ed ogni altra amministrazione che “in forza di leggi, regolamenti o appositi provvedimenti amministrativi risultino preposte alla tutela di specifici interessi pubblici” coinvolti dall’iniziativa.
In questo caso la Conferenza dei Servizi non è organo collegiale ma si limita alla colletta dei pareri, ognuno dei quali mantiene l’autonomia del proprio consenso/dissenso e dei propri rilievi con effetto interruttivo e preclusivo.
2°. Il Regolamento a questo punto prevede due possibilità: A) scegliere -con provvedimento motivato- un progetto oppure B) “procedere a pubblica gara” nel solo caso, però, in cui non vi siano ragioni di preferenza per il primo richiedente o per una delle domande concorrenti presentate e a questo punto il prescelto deve fare il progetto definitivo.
3°. Segue l’approvazione o con Conferenza di servizi decisoria se il progetto è conforme agli strumenti urbanistici oppure con “Accordo di programma” in caso di variante.
4°. Una volta approvato il progetto definitivo il percorso si conclude con il rilascio della concessione demaniale e con l’immissione del concessionario nel possesso dei beni oggetto della concessione, con l’esecuzione delle opere e, dulcis in fundo, con il collaudo finale.
5°. Tutto questo senza mai dimenticare, voi terrestri, le indispensabili garanzie di trasparenza, di libera circolazione dei servizi, di “par condicio”, d’imparzialità e di non discriminazione che la procedura competitiva deve in ogni casi offrire nel rispetto della normativa comunitaria.
6°. Infine poiché il valore delle opere supera la soglia, dovranno, ovviamente, trovare applicazione anche le norme del “Codice dei contratti pubblici” in sede di realizzazione delle infrastrutture portuali.
7°. Per comodità trascrivo il titolo n. 16 del “Piano di utilizzazione delle aree demaniali marittime” approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale della Liguria n. 18 del 9 aprile 2002:
“16) Il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime o la loro variazione per nuove realizzazioni, ampliamenti e ristrutturazioni di strutture portuali turistiche che ricadono nella tipologia di cui all’articolo 2, primo comma lettere a) e b) del D.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509 è subordinato al rispetto indicazioni contenute nel PTC della Costa con riferimento ai porticcioli turistici ed agli impianti nautici minori.”
Trascrivo anche la definizione legislativa contenuta in detto articolo 2, primo comma lettere a) del D.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509:
a) il “porto turistico”, ovvero il complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente o precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari;
Aggiungo, infine, lo stralcio del comma 2 dello stesso articolo:
2. La concessione demaniale marittima per la realizzazione delle strutture dedicate alla nautica da diporto di cui al comma 1, lettere a) e b), è rilasciata:
a) con atto approvato dal direttore marittimo, nel caso di concessioni di durata non superiore a quindici anni;
b) con atto approvato dal dirigente generale preposto alla Direzione generale del demanio marittimo e dei porti del Ministero dei trasporti e della navigazione, nel caso di concessioni di durata superiore a quindici anni.
Secondo quesito
Vista la strada opposta imboccata dal Comune, la risposta serve a chiarire come una cantonata del genere abbia potuto verificarsi e la spiegazione è nella “Parte IV – Partenariato pubblico privato e contraente generale ed altre modalità di affidamento” (articoli dal 179 al 191) del Codice dei contratti pubblici che contiene una vasta casistica di strumenti finanziari per pagare un’opera pubblica.
Il project financing è uno di quelli e le norme in questione precisano che tra le opere pubbliche pagabili con questa formula vi sono anche “le strutture dedicate alla nautica da diporto”.
Questo significa che qualora il progetto definitivo risultato aggiudicatario della concessione demaniale contemplasse il pagamento delle opere con la formula del project financing il Comune esperirebbe la procedura di legge.
In conclusione: le modalità di pagamento non cancellano le procedure di istruttoria delle opere pubbliche ma sono eventuali, accessorie e complementari e soprattutto non possono confliggere con esse.
Terzo quesito
Nel ricordo di Oscar Wilde quando sconsigliava di discutere con un idiota perchè ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza, l’unica difesa di chiunque abbia imboccato la strada giusta è il TAR Liguria.
Potrebbe farlo chi abbia depositato al Capo del Compartimento Marittimo e al Sindaco “su modello approvato dal Ministero dei trasporti e della navigazione”, la domanda di concessione demaniale con gli allegati richiesti dall’articolo 3, comma 2, del D.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509 con l’aggiunta della documentazione relativa al pagamento delle opere con la formula del project financing.
Oltre tutto la legge, come dicevo sopra, dà una certa priorità al “primo richiedente” e prima o poi le cantonate vengono a galla.
Alla luce di quanto sopra argomentato, posso concludere con un invito: “Pop corn, coca cola e un buon libro.”
Nel restare a Sua disposizione per qualsivoglia chiarimento/integrazione occorrer possa, porgo distinti saluti.
Baby Yoda.
Bruno Giri