…lasciamo perdere va…

Ponte di Brooklyn. La costruzione del ponte iniziò il 3 gennaio 1870, costò 15,5 milioni di dollari dell’epoca, e richiese la manodopera di 600 operai, 27 dei quali persero la vita durante i lavori, tra cui anche progettisti, la maggior parte per embolia gassosa dopo aver effettuato immersioni nelle camere di scavo sottomarine. Anche l’ingegner Roebling rimase vittima nel 1869 di un incidente durante l’attracco di un traghetto. Il suo posto venne preso dal figlio, Washington Roebling, che rimase a sua volta ferito e paralizzato parzialmente a causa di un’embolia gassosa. Venne aiutato nel completamento dell’opera dalla moglie, Emily Warren Roebling, che operò sotto la sua supervisione. Il ponte venne definitivamente aperto al transito il 24 maggio 1883.

Sydney Harbour Bridge, iniziata la progettazione il 28 luglio 1923, conclusi i lavori ed aperto al pubblico il 19 gennaio 1932. Lungo 1.149 metri, alto 134 metri, 8 strade, due binari ferroviari,1 percorso ciclopedonale. Continua a leggere

Pensionati, intellettuali e scanzonati sognatori

Oggi Renzi ha proseguito nella sua raccolta di frasi intelligenti sostenendo che gli intellettuali «Sono come pensionati davanti ad un cantiere, che guardano e dicono “Non ce la faranno mai”».  L’importante è riuscire a inculcare nella testa dei nostri figli che la cultura è una cosa da vecchi, da stolti e da perdigiorno. Continua a leggere

A m’arcord

Amarcord è una parola ormai diventata d’uso comune in Italia che indica il ricordo nostalgico,quasi malinconico dei momenti ormai lontani nel tempo. Il termine non è inglese, come pensavo, ma viene dritto dritto dal dialetto romagnolo “a m’arcord” che vuol dire “io mi ricordo“. E io, che son ligure d’adozione, dopo aver riletto il post che ho scritto ieri, a m’arcord dei tempi in cui la mia città aveva la speranza di mutare, cambiare pelle, in cui sentivo di poter guardare con fierezza al mio futuro qui, tra i fiori (come un figlio dei), senza dover andare là, con nessuno (come un figlio di). Continua a leggere

Ma ve lo ricordate Tano che dirigeva il traffico?

Perché non scrivo più, mi chiedono. Scrivo, scrivo. Cose diverse per un pubblico diverso, ma scrivo sempre. Scrivere è una delle cose che più mi piace nella vita. Anzi, scrivere in ita(g)liano  è una delle cose che più mi piace nella vita. Il problema è che non trovo ispirazione in una Ventimiglia che non si muove. Che sia presto per giudicare l’operato della nuova amministrazione è anche possibile. Che sia tardi per salvare la città e la nazione è molto più probabile. Il problema è che non ci sono scosse, non c’è movimento, non c’è azione e, quella che dovrebbe essere un’anomalia del nostro sistema, si è trasformata in un minuscolo puntino del nostro DNA che ci permette di essere pazienti spettatori della nostra disfatta.

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Trallerallera, trallalallà

Ho ripreso a leggere le locandine: un mix di progetti, nuove iniziative, carico di lavoro in aumento e qualche sprazzo di vita qui e là (quando si ha tempo, insomma, non bisogna mai vivere troppo…) mi aveva tenuto lontano da Ventimiglia e dalle sue locandine. Scopro che l’illusione dell’anno (o del mese?) è un enorme outlet nel Parco Roja. Passerà anche questa, tranquilli. Lo dico a tutti i commercianti disperati per la prospettata perdita di clienti e a tutti i disoccupati fiduciosi, con il curriculum già in mano. Continua a leggere

Di ritorno dal polo (2)

Nel lungo (ma, a pensarci bene, corto) viaggio di esplorazione del polo, ci siamo imbattutti nell’ultimo avamposto di presenza umana permanente a Nord, nella città di Pyramiden. Potrei raccontare che si trova a 79° nord, che è una città russa in pieno territorio norvegese, che ha solo due abitanti fissi a cui si aggiungono altri 12 migranti in estate e qualche ricercatore. In realtà, ciò che affascina di Pyramiden, è la perfezione di una città ormai fantasma, costruita dai russi per mostrare al mondo come il Regime fosse un meccanismo perfetto, di ineguagliabile efficienza. Continua a leggere

Di ritorno dal polo (1)

Atterri a Longyearbyen e, di botto, perdi ogni certezza. Sono le 11.30 del pomeriggio (di sera?) e il sole è ancora alto nel cielo. Sei in estate e sei sotto lo zero, con un vento gelido che penetra 1 piumino e 3 maglioni, come fosse burro, e viene a punzecchiarti l’addome. Qui la Terra gira a meno di 300 km/h, un quinto della velocità a cui gira in Italia. Non esistono alberi ne’ vegetazione.  La cima del mondo è più pelata di me. Continua a leggere

Frammenti di esistenze

Oggi, un’amica cambia lavoro, si sposta più vicino a casa. In questi brevi tratti di vita che condividiamo con alcune esistenze più o meno particolari, ci ritroviamo ad appoggiare, inavvertitamente, frammenti  di grandezza variabile dei nostri sogni, dei nostri desideri, dei nostri progetti, sulle spalle dei nostri compagni di viaggio. Continua a leggere