La pubblicazione della disponibilità a autenticare le firme è una condizione richiesta non “ad substantiam” e sotto pena di esclusione, ma “ad probationem tantum” e quindi può essere oggetto di soccorso istruttorio.
I destinatari della pubblicazione, cioè i titolari del diritto all’esercizio dell’elettorato passivo, ne vengono a conoscenza non ai fini dell’impugnativa dell’atto di disponibilità dell’avvocato ma per la comodità di poter conoscere quali tra tutti gli iscritti all’Albo dell’Ordine si offrono di svolgere la funzione certificatoria.
Nessuna comminatoria di nullità è presente nel dettato normativo né si può dedurre dalla “ratio legis”, ispirata invece a favorire e non a comprimere lo “ius partecipationis” agevolandone le procedure.
È sufficiente leggerlo: “Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma gli avvocati iscritti all’albo che hanno a) comunicato la propria disponibilità all’ordine di appartenenza, b) i cui nominativi sono tempestivamente pubblicati nel sito internet istituzionale dell’ordine.”
Nessuna forma è stabilita per la comunicazione all’Ordine e sulla natura agevolativa della pubblicazione non c’è da aggiungere altro.
O forse un commento: cioè che l’avvocato certificatore è una novità introdotta dalla legge 108/2021 sulla governance del PNRR dal titolo “Prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure” e che non sembra che introducendo cavilli si accelerino e si snelliscano le procedure.
E infatti il tema caldo di queste settimane e che l’Italia rischia di perdere risorse e addirittura di doverne restituire.
Se deve essere un cittadino a dirlo all’Ufficio di Governo e non viceversa, ditemi voi se il mondo d’oggi non è capovolto.
Bruno Giri