A Baby Yoda piace giocare come il gatto con il topo.



Sul pianeta del mio consulente alieno con studio legale su Saturno il 2023 deve essere l’“Anno del Gatto”.
Baby Yoda aveva dato l’addio al 2022 perculando il giornalista che narra i fatti come fossero gelati da servire secondo i gusti e le preferenze di chi li lecca.
Adesso saluta l’anno nuovo con similitudini feline “abbreviate”, come Quintiliano definiva queste figure semantiche, metafore che, evidentemente, non sono soltanto cinesi ma anche aliene.
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A Baby Yoda ho chiesto un parere “pro veritate” sul gelato mattutino del giornalista, una coppa al gusto di “speranza” ma con un retrogusto amaro di “carte bollate” e di “burocrazia”,
E lui, per prima cosa, “gatton gattoni” è andato a prendersi il dispositivo della sentenza TAR n. 1112 del 19 dicembre 2022 per leggere quali sono i “provvedimenti gravati” che sono stati annullati dal Tribunale.
Il ricorso introduttivo e i quattro “gravami” via via aggiunti li indicano, contrassegnati dalla lettera A alla lettera E, uno per uno.
Nell’ultimo c’è scritto: “E – per quanto riguarda il quarto ricorso per motivi aggiunti: [ANNULLAMENTO] – della determina a contrattare n. 3066 del 12.8.2022 e del bando di gara pubblicato il 23.8.2022”
Dunque, ha concluso Baby Yoda, il gatto si è mangiato il topo, il bando di gara che doveva scadere tra 28 giorni, alle ore 13 del 30 gennaio 2023, non c’è più, è stato annullato, è sparito dal mondo giuridico, è “tamquam non esset” dicevano gli antichi.
Infatti l’articolo 33, comma 2, del Codice di procedura amministrativa dice: “2. Le sentenze di primo grado sono esecutive.”
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A questo punto, e a proposito di gatto, visto che la “speranza” è l’ultima a morire ecco scendere in campo un insigne giurista tradotto in decine di lingue, Giovanni Trapattoni.
Lo fa con il suo celebre brocardo “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, e chi dovrebbe prenderlo per la coda e tenerlo fuori dal sacco è il Consiglio di Stato accogliendo l’istanza cautelare di sospendere l’efficacia della sentenza.
Ma è dura, mi spiega Baby Yoda, e adesso io non so come dire al giornalista che quella che sta spalmando nella coppa non è nutella.
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Intanto non è come nel processo civile dove un giudice di buon cuore può sospendere la sentenza esecutiva per “gravi motivi” che prende a cazzo, qui nel processo amministrativo bisogna fornire la prova che dalla esecuzione della sentenza, esecutiva per legge, “possano derivare danni gravi e irreparabili.”
In questo caso, mi spiega il giurista alieno, è peggio di una prova diabolica, perché grazie alla “sperata” conclusione della gara con o senza esercizio del diritto di prelazione, la cosa non cambia, dalle ceneri del procedimento annullato nascerebbe l’araba fenice del “contratto civile d’appalto”, un uccello di fuoco che si infila direttamente tra le chiappe di chi l’ha chiesta.
Senza dimenticare, tra l’altro, la riforma Amato-Bassanini-Fassino del 2000 che ha parificato le sentenze “esecutive” per legge, come quelle del TAR, e le sentenze “definitive” ai fini della ottemperanza alle loro statuizioni,
Così, mi ha spiegato Baby Yoda, se poi il Consiglio di Stato non accerta madornali vizi di legittimità della sentenza del TAR il vincitore si troverà in mano solo un pezzo di carta che in nome del Popolo Italiano gli dà ragione riconoscendo che la strada imboccata dall’Amministrazione comunale era sbagliata.
Ma se, invece, la “speranza” si realizzasse e la gara andasse a conclusione con la firma di un “contratto civile d’appalto” “illegittimo” e quindi “nullo” (e magari con la consegna dei lavori) la musica cambierebbe e, estikazzy! scenderebbero in campo gli avvocati di “civil low”.
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Ma il gelato di questa mattina non aveva solo gusto di “speranza”, c’era anche quello di “indignazione” per l’affronto subito dall’Amministrazione comunale per colpa di un novantenne che cinquant’anni prima lì vicino si era fatto un porto tutto suo e che invece di farsi i cazzi suoi adesso voleva farsene un altro.
Qua e là tante spruzzatine di angostura dal gusto amarognolo, che poi è un mix di rimpianto, di compatimento, di nostalgia e di ribellione messi lì al posto dei chiodi di garofano, della radice di genziana, del cardamomo, dell’essenza di arance amare e della china.
Il Comune ricordato come un alveare con infaticabili api operaie al lavoro per realizzare l’ambizioso progetto, dove la generosa ape regina aveva atteso un anno e mezzo l’ingrato fuco che l’avrebbe tradita al TAR e proprio quando la pappa reale e il miele erano pronti a sgorgare dalla cornucopia.
Mentre pensavo a tutto questo Baby Yoga da Saturno mi mandava un messaggio di tre parole e un punto interrogativo: “Demanio, Convitato Pietra?”.
Vallo a capire.
Bruno Giri

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