Addio ceto medio – Non esiste più il ceto medio, questo è il risultato della congiuntura economica che stiamo vivendo. Gli italiani sono sempre più poveri, i debiti crescono e il risparmio è quasi impossibile. Tant’è che in dieci anni la ricchezza finanziaria dei nuclei familiari si è contratta del 40,5%. Ad essere mediamente più ricchi sono gli anziani, mentre la povertà sta investendo soprattutto le giovani generazioni.I cerca-lavoro – Siffatta situazione è ben comprensibile se si pensa che la nostra società è ormai popolata dai cosiddetti job-seekers, ossia i carca-lavoro. Si tratta di giovani con competenze medio-alte, un’età inferiore ai trentacinque anni, uomini e donne, italiani e stranieri, residenti al Nord o al Sud… accomunati dal disperato bisogno (e desiderio) di una occupazione remunerativa. Nello specifico, il 24,9% appartiene alla fascia intermedia dei 35-44 anni, mentre le generazioni più adulte contribuiscono in misura molto più limitata, il 23,3%
I poveri “arrabbiati” – “Sempre più poveri” in Italia è sinonimo di “sempre più arrabbiati”. E spaventati. Gli italiani provano rabbia nei confronti della classe dirigente, soprattutto a causa degli scandali recentemente emersi. Gli “arrabbiati” sono il 52,3%. Allo stesso tempo hanno paura della crisi, della povertà e della mancanza di lavoro. Questi sono il 21,4%. Ad essere fiducioso e con la voglia di reagire è solo il 20,1% della popolazione.
E se ne va anche la cultura – Se le scelte nel campo dell’istruzione, secondo il Censis, sembrano riposizionarsi nel rapporto studio/lavoro, i dati sulla cultura sono raccapriccianti. Se un libro costa meno di dieci euro e uno smartphone supera i cento, è più che certo che l’italiano arrabbiato e intimorito opti per la seconda scelta. E ciò in barba alla cultura “economica” che potrebbe in realtà arricchirlo e fornirgli molti più strumenti per orientarsi nella società. A scendere sono anche gli acquisti di giornali, siano essi quotidiani o riviste. Mentre sale il rapporto col web. “Oggi un quarto degli italiani collegati a Internet (24,2%) ha l’abitudine di guardare i programmi dai siti web delle emittenti televisive e il 42,4% li cerca su YouTube per costruirsi i propri palinsesti di informazione o di intrattenimento su misura”.
Queste sono alcune analisi sintetiche tratte dalla Redazione di Fiscal Focus.
In televisione si parla però solo di mercati finanziari e delle politiche europee di Monti.