La zona franca urbana di Ventimiglia è nata sotto l’amministrazione Scullino

zfu La zona franca urbana di Ventimiglia è una realtà che da anni aspetta di essere lanciata con un semplice decreto e una circolare ministeriale. In questi anni sono realmente partite molte zone franche urbane, le ultime sono quelle delle zone colpite dall’alluvione del gennaio 2014 e dai recenti terremoti. Siamo in attesa di conoscere come funzionerà quella di Ventimiglia.

In alcune zone franche, ad esempio, le agevolazioni sono solo fiscali e rivolte alle microimprese esistenti ad un a certa data che operano con determinati requisiti all’interno del perimetro della zona. Per Ventimiglia la perimetrazione è quella varata, sulla base dei rigidi requisiti ministeriali per le zone sottosviluppate, dall’Amministrazione Scullino, nel lontano 2009, che aveva subito intuito la grande opportunità di una zona franca urbana a Ventimiglia.

Evidenzio che, ai sensi della normativa comunitaria, sono considerate “microimprese” le imprese che hanno meno di 10 occupati e un fatturato, oppure un totale di bilancio annuo, inferiore ai 2 milioni di euro. Per Ventimiglia si prevedeva (e si spera che sia ancora così) l’estensione anche alle “piccole imprese” e non solo alle microimprese nel tentativo di aprire a nuove realtà imprenditoriali. Vedremo il decreto di attuazione cosa dirà, i soldi che saranno messi a disposizione sono determinanti, insieme alla volontà dell’amministrazione cittadina, per individuare esattamente eventuali requisiti dimensionali che l’impresa dovrà avere.

Vedremo se la zona franca ventimigliese limiterà le agevolazioni fiscali alle imprese già costituite entro una certa data oppure se, come era originariamente nata la zona franca urbana di Ventimiglia, le agevolazioni saranno dirette alle nuove imprese per stimolare l’afflusso di nuove realtà imprenditoriali nella zona, penso alle aree del Parco Roja e ad altre. Non è neanche errato pensare alle imprese esistenti ma allora occorrerebbe dare il tempo anche a nuove realtà di insediarsi, ad esempio entro il 31 dicembre 2018.. Lo scopo originario della zona franca urbana non era solo quello di aiutare le imprese ma anche di consentire lo sviluppo di zone depresse e rilanciare l’economia cittadina e l’occupazione.

E’ molto importante capire se verrà consentito all’amministrazione comunale di individuare il codice di attività ammissibile alle agevolazioni, primario o secondario, ritenendosi tale quello dell’attività svolta nella sede principale o nell’unità locale ubicata nella zona franca che dovrà risultare dal certificato camerale dell’impresa istante e da un’attestazione comunale. Il genere di attività agevolabile dovrebbe essere pensato unitamente alle possibilità di sviluppo della zona franca.

Nei limiti delle risorse disponibili, le imprese potranno beneficiare delle seguenti agevolazioni fiscali:

  1. a) esenzione dalle imposte sui redditi;
  2. b) esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive;
  3. c) esenzione dall’imposta municipale propria.

In molte zone franche non è più stata inserita l’agevolazione contributiva per le nuove assunzioni che nell’originaria normativa invece erano previste.

L’agevolazione principale, quella dalle imposte sui redditi, sarà limitato naturalmente al solo reddito derivante dall’attività svolta dall’impresa all’interno del territorio della zona franca, fino a concorrenza di un determinato importo (probabilmente euro 100.000,00), fatto salvo quanto previsto in termini di maggiorazioni. Per incentivare nuove assunzioni, anche in assenza di agevolazioni contributive, si potrebbe dire che detto importo sia maggiorato, ad esempio, di euro 5.000 per ogni nuovo dipendente assunto.

Certo molte questione sarebbe stato meglio discuterle tecnicamente in via preventiva con i ministeri competenti, comunque accogliamo con grande soddisfazione qualunque agevolazioni arriverà, meglio che niente.

Le agevolazioni saranno probabilmente ripartire, sempre a differenza dell’originaria zona franca del 2009, sulla base della somma stanziata, in base alla richieste pervenute entro un certo termine da stabilirsi e ripartite pro quota, sotto forma di credito d’imposta, tra le imprese richiedenti e aventi titolo. Non saranno quindi previsti, molto probabilmente, contributi economici in denaro ma crediti d’imposta che potranno essere utilizzati per pagare, compensando, le imposte.

Le agevolazioni sono pertanto fruite dalle imprese beneficiarie fino al raggiungimento dell’importo dell’agevolazione concessa, così come determinato dal Ministero a seguito del riparto effettuato sulla base delle valide domande pervenute, in compensazione sul modello F24 con il quale si pagano appunto le imposte e tasse.

28 settembre 2017 – Marco Prestileo

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