Pubblico, molto volentieri , un articolo del Professor Alberto Bagnai, tratto da ” Il Giornale ” del 29/06/2015. Bagnai è economista e professore universitario di Politica Economica presso l’Ateneo di Pescara , di posizione molto critica nei confronti della moneta unica europea ( dal lontano 2012 , anno di pubblicazione del suo primo libro ” Il tramonto dell’euro ” ), nelle sue pubblicazioni evidenzia in maniera lucida e pungente, i limiti e i danni provocati da un sistema monetario di cambi fissi ( Eurolandia ) che storicamente si è rivelato fallimentare…
La sua seconda pubblicazione dal titolo “L’Italia puo’ farcela” è una lettura assai illuminante , anche per chi non ha molta dimestichezza con le tematiche economiche piu’ tecniche , una lettura che mi sento di consigliare a tutti coloro che vogliono capire meglio dove ci stanno portando le istituzioni nazionali ed europee … Buona lettura !
” Sembra di essere arrivati alla fine dell’euro e, quindi, dell’Europa, intesa come mero sistema economico. Il prossimo 5 luglio i greci saranno chiamati a rispondere a un referendum il cui esito determinerà la vita politica ed economica non solo del loro Paese, ma anche di tutto il Vecchio Continente. Per comprendere cosa stia realmente accadendo (e di cosa potrebbe accadere) abbiamo contattato il professore Alberto Bagnai.
Professore, cosa sta accadendo in Europa?
Sta succedendo ciò che ho descritto ne Il tramonto dell’euro, sulla base di ciò che è scritto nei libri di economia. La moneta unica fra Paesi diversi avvantaggia quelli forti e svantaggia quelli deboli. Questo semplicemente perché per la Germania l’euro è una dracma travestita, mentre per la Grecia l’euro è un marco travestito. La Grecia ha debiti in una valuta che non controlla. Come fa, però, un Paese a pagare debiti che ha contratto in una valuta che non emette? Ottenendo una valuta forte esportando dei beni. Però, nelle condizioni attuali, la Grecia non può svalutare rispetto alla Germania, avendo un un’unica moneta, per poi esportare di più e, quindi, avere anche più risorse per poi pagare la Germania. La Grecia può solo tagliare i propri redditi, le proprie pensioni, il costo del lavoro. Si spera che questi tagli facciano tornare competitiva la Grecia. A questo punto, uno potrebbe chiedersi: ma ai tedeschi cosa importa che la Grecia sia competitiva? Un Paese competitivo è semplicemente un Paese che è in grado di racimolare, vendendo i propri prodotti, i soldi per pagare i suoi creditori. È per questo che il creditore dovrebbe essere interessato alla competitività del debitore. Una volta, quando ero giovane io, questa cosa si sarebbe risolta abbastanza “salomonicamente”: la dracma avrebbe svalutato e a questo punto i tedeschi avrebbero incassato meno marchi. Dentro l’euro questo non è possibile perché il costo dell’aggiustamento deve essere sostenuto interamente dal Paese debole.
Il 5 luglio il popolo greco avrà la possibilità di scegliere se approvare la linea della Troika oppure no. Cosa accadrà, secondo lei, nel caso in cui la Grecia dovesse dire no all’Europa?
Secondo me, il referendum è innanzitutto su Tsipras. In pratica lo ha detto lui stesso: “Io ho bisogno di più legittimazione popolare”. Perché? Se vince il sì, lui deve portare avanti il programma della Troika e dirà ai greci: “Me lo avete chiesto voi e io ora vi stango”. Così salva la faccia e non dà spazio a Alba Dorata. Nel caso in cui dovesse vincere il no, invece, gli andrebbe bene comunque perché, nonostante Tsipras sia stato eletto grazie a un programma filoeuropeo, avrebbe la legittimazione popolare per abbandonare l’euro. Questo è l’aspetto politico e sull’euro conta solo la politica. Gli aspetti tecnici sono solo dettagli. In meno di un secolo abbiamo oltre 70 unioni monetarie che si sono sciolte, quindi si sa cosa fare. Il vero punto è quello politico. Il problema non è quello del debitore, ma quello del creditore, come recita un noto proverbio: “Se ti devo un dollaro è un problema mio, se te ne devo un milione è un problema tuo”. Se vince il no e Tsipras deve uscire dall’euro, per il creditore si crea un problema vero e non per i soldi persi, che sono persi comunque. Il ver problema sono i portoghesi, gli spagnoli e gli italiani che, quando la Grecia ricomincerà a crescere, si chiederanno: “Perché noi no?”.
Quali ricadute ci saranno sull’Italia?
La scelta di rimanere nell’euro da parte dei cittadini greci rafforzerebbe il fronte pro-euro. E non è un’eventualità remota perché ci saranno problemi di quorum in quanto molti greci, dal continente, vanno a lavorare nelle isole. Molti non torneranno a casa per votare. E poi c’è la solita propaganda terroristica. Un sondaggio su Twitter dava per esempio il sì all’austerità al 70%, un dato un po’ troppo alto. Renzi gongola con questi dati, così come Padoan. Rimane però il punto di fondo: con questo referendum Tsipras riesce a salvare la faccia per un anno o due. Poi, però, si rischia di andare al voto.
Con un’emorragia di voti per Tsipras e in favore di Alba Dorata…
Se dovesse vincere Alba Dorata, la colpa sarà della sinistra. Lì come in Italia. Perché è la sinistra che ha proposto l’euro come grande vittoria, come strumento di riscatto e di risanamento nazionale. Chi mette in mano gli elettorati greci a Alba Dorata, quelli francesi alla Le Pen e quelli italiani a Salvini è la stessa sinistra che ci ha fatto entrare nell’euro. I politici dicono che non si può fare a meno della moneta unica, ma io non ci credo.
Come si sta comportando il governo italiano?
Sulla Grecia, il governo non sta facendo nulla e, infatti, era assente da tutti i tavoli che hanno preso decisioni. Se si guarda all’economia del nostro Paese, invece, il governo ha incassato il bonus del petrolio e del costo del denaro basso. Ma, se per esempio la Grecia dovesse cominciare a generare tensione sui campi di interesse e se il prezzo del petrolio dovesse tornare a salire a 75 – 100 dollari al barile, tutte le previsioni fatte nel DEF risulteranno sballate. Molto probabilmente, Renzi farà la mossa di dire che l’austerità è una cosa brutta e, così, sforerà il 3% del rapporto deficit-pil, che era il parametro che lui si gloriava di non superare. Sarà una mossa propagandistica, ma l’Europa glielo concederà senza seccarlo troppo.
E perché?
Perché Renzi è al governo per fare gli interessi stranieri in casa nostra. Lui non lavora per noi, ma per loro. E ce ne saremmo dovuti accorgere con tutte le tasse che ci ha fatto pagare.”
01.07.2015 – Beatrice Manzini –