Gli Evasori è meglio sceglierli, che trovarli

indagine bancariaL’accertamento fiscale basato sull’indagine finanziaria è lo strumento più insidioso e invasivo che ci possa essere. La norma prevede che se non giustificate le entrate e le uscite bancarie sarà tutto considerato evasione fiscale. Contro ad ogni apparente logica, anche le uscite, per cui se avete un conto corrente con entrate per 100.000 euro e uscite per 90.000 euro, la presunta evasione fiscale è di 190.000 euro! Il fondamento di questa apparente irrazionalità si basa sul sillogismo (errato) che i prelevamenti bancari sono necessariamente uscite destinate ad acquisti in nero, per cui pagate voi le tasse per l’altro presunto evasore. Pazzesco,  illogico e in molti hanno detto incostituzionale. La questione è stata di recente oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale che l’ha dichiarata incostituzionale solo per le uscite e limitatamente ai professionisti per irragionevolezza, perché il professionista non acquista merce in nero, per cui non si applica la somma entrate e uscite. Come dire, meglio che niente, anche se ci si aspettava più “coraggio” dalla Corte costituzionale.

Un principio che dovrebbe essere pacifico, ma che purtroppo l’Agenzia delle entrate spesso interpreta in modo non equo, è quello che affida rilevanza soltanto all’importo dei versamenti sproporzionato rispetto ai compensi dichiarati: solo in questo caso dovrebbe scattare il sospetto di evasione.  Quindi bisognerebbe preoccuparsi solo quando dai versamenti risultino movimenti che non trovano capienza nei compensi dichiarati. L’Agenzia invece richiede spesso, ritengo in modo inappropriato e quindi occorre ricorre in commissione tributaria, al contribuente una prova praticamente diabolica. In realtà la norma che presume l’esistenza dell’evasione, non dovrebbe applicarsi quando la sproporzione tra compensi versamenti non sussiste.

Spesso l’Agenzia delle Entrate, inoltre, pare dimenticare il principio di collaborazione e buona fede di cui all’art. 10 dello statuto del contribuente (che è la L.212/2000), che impone richieste al contribuente nei limiti di  un sacrificio apprezzabile, che non comporti costi rilevanti in termini economici o di tempo. Se l’ufficio esagera a chiedere documentazione o chiarimenti bisognerebbe avere la consapevolezza di poter rifiutare l’adempimento senza temere conseguenze, configurandole come elementi valutabili contro la pretesa erariale.

La giurisprudenza, a seguito degli interventi legislativi sempre a favore del fisco e dell’esistenza di una dilagante evasione fiscale, è arrivata a ritenere l’accertamento bancario applicabile non solo ai titolari di partita iva, ma anche ai dipendenti, perché anche loro possono essere evasori (ad esempio il doppio lavoro). Se poi sono dipendenti pubblici, rischiano anche di dover dimostrare che tali proventi non siano frutto di corruzione. Il consiglio è quindi di prestare molta attenzione ai propri movimenti bancari ed essere sempre pronti a spiegare le movimentazioni.

Come difendersi dall’indagini bancarie: 1. Evitate di usare assegni, preferendo i bonifici perché hanno le causali e sono facilmente attribuibili. 2. Tenete una contabilità, delle entrate e delle uscite dei vostri conti correnti, se vi chiedono spiegazioni siete subito pronti a fornirle, in caso contrario siete “evasori”!!!  3.  La circolare dell’agenzia delle entrate del 06/08/2014 n.25/E,  ha stabilito che non bisogna esagerare e che la presunzione a importi esigui non deve essere attribuita (per cui piccoli prelevamenti dovrebbero essere considerati come spese a titolo personale, il problema è che non è noto cosa si intenda per “piccoli”) 4. La stessa circolare ha stabilito inoltre che l’uso dell’accertamento bancario è consentito solo come extrema ratio, quindi solo quando la ricostruzione del reddito non è possibile con altre modalità, peccato che questo principio viene comunque usato in modo discrezionale (questa direttiva dovrebbe pero vincolare l’ufficio e quindi potete utilizzarlo in sede di contenzioso tributario).

Ricordate sempre che è cambiato tutto, i nostri conti correnti sono in mano al Fisco, non c’è segreto bancario. Se incorrete in un’indagine bancaria andate da uno specialista, non basta un  medico generico. Occorre saper contestare, naturalmente in modo consono e competente, durante la verifica, la semplice dichiarazione sul verbale finale, ci difenderemo in sede contenziosa è spesso una grossa cretinata.

3 aprile 2015 – Marco Prestileo

Lascia un commento