Sono, come tanti (o pochi?) Ventimigliesi, un appassionato del nostro mercato del Venerdì. Il lavoro mi tiene lontano (ancora per poco, spero) dalle bancarelle. L’ultima volta, un soleggiatissimo venerdì dei primi giorni del 2015, ho approfittato delle ferie per un po’ di acquisti al mercato. Porto sempre amici e parenti, quando riesco, quando sono in visita, a spendere un po’ di soldi, metter qualche spicciolo in quel meraviglioso giocattolino ventimigliese che, altrimenti, si fermerebbe.
Ogni città ha ricevuto un dono, di questo sono certo. Parigi la torre Eiffel, Londra il Big Ben, New York la Statua della Libertà. Ventimiglia il mercato del venerdì. Tutte le città, dai villaggi alle grandi metropoli, sono state pensate per poter essere autosufficienti, poter vivere con le proprie risorse, naturali, artistiche. Dico questo perché, girovagando per il mondo, tra miniere di sale e torri che pendono, tra cattedrali e moschee, tra iceberg e deserti, non mi è mai capitato di finire in un posto e non avere memorie di un particolare, almeno uno, spesso tanti. Uno dei ricordi più particolari che ho è la scalinata dei larici monumentali, in Val di Rabbi. Intere famiglie gironzolavano con fatica su un fianco scosceso di una montagna della Valle, in cerca di larici dalle forme disegnate dal vento, dalla pioggia e a cui qualcuno, per divertimento, aveva deciso di dare un nome, di descriverlo, di far diventare un semplice larice mezzo distrutto da un fulmine un’opera monumentale. Questo per dire che, spesso, basta un ramo spezzato per intravedere un cacciatore che punta un fagiano.
Credo che sia proprio questo tipo di fantasia che manca alla mia città.
Se guardo al mercato senza fantasia, vedo delle bancarelle, il traffico, il fastidio. Se guardo al mercato del venerdì con fantasia, nemmeno troppa, vedo un immenso spot a Ventimiglia, una finestra sul mondo, un punto di transito di migliaia di vite, italiane e straniere, ricettive, rilassate, a cui parlare, a cui raccontare di noi.
E allora: perché non inserire degli spazi pubblicitari lungo tutto il percorso? Perché non destinare i fondi così raccolti ad abbellire il nostro mercato? Perché non organizzare, almeno una volta al mese, un evento, magari di una qualche azienda italiana che, gratuitamente ed in cambio della vetrina ventimigliese, voglia mostrare al mondo (o, almeno, ai francesi) i propri prodotti? Siamo davvero sicuri che questo spazio pubblicitario non interessi a nessuno? Nemmeno ai nostri produttori di miele, di olive, di olio, di prodotti della nostra terra?
27 gennaio 2015 – Albino Dicerto