Nel lungo (ma, a pensarci bene, corto) viaggio di esplorazione del polo, ci siamo imbattutti nell’ultimo avamposto di presenza umana permanente a Nord, nella città di Pyramiden. Potrei raccontare che si trova a 79° nord, che è una città russa in pieno territorio norvegese, che ha solo due abitanti fissi a cui si aggiungono altri 12 migranti in estate e qualche ricercatore. In realtà, ciò che affascina di Pyramiden, è la perfezione di una città ormai fantasma, costruita dai russi per mostrare al mondo come il Regime fosse un meccanismo perfetto, di ineguagliabile efficienza. Mentre a Longyearbyen avevamo trovato solo muschi e licheni bruciati dal freddo e dalla notte polare, a Pyramiden i russi avevano trovato il modo di costruire aiuole, piscine, cinema, asili e scuole. Fabbricare mattoni, allevare animali, produrre energia elettrica. Costruire una piazza ed erigere una statua a nonno Lenin. Insomma, una città meravigliosa, tra i ghiacci, destinata a mostrare la gloria del comunismo in vetta al mondo, più a nord di tutti e, invece, distrutta, ancora giovane, dal crollo del muro e l’implosione dell’Unione. Abbandonata in fretta e furia, non appena la madre-patria si è ammalata. Viaggiare tra quegli enormi edifici è stato come entrare in casa di uno che, accortosi che la sveglia non ha suonato, si precipita in fretta e furia in strada per andare a lavorare lasciando il letto sfatto e la tazza del caffè ancora calda. La nostra guida, Sasha, con il colbacco, il cappotto lungo nero ed il fucile in spalla, rappresenta il presidio russo del territorio: fino a che ci sarà un russo ad abitare la città, i novergesi non potranno reclamarla. Ci racconta la sua vita e la vita all’epoca del regime. E’ possibile provare nostalgia per un mondo che non hai mai vissuto?
12 settembre 2014 – Albino Dicerto