Prendendo spunto dall’articolo di Albino, “Il disgelo e la rinascita (?)”, voglio pubblicamente dire che anche per quanto mi riguarda ritengo sterile e non di stile continuare a precisare, in questo blog o su altri mass media (la querela invece farà il suo corso legale), la mia opinione sul comportamento dei Commissari e sulla conferenza stampa da loro fatta, l’altro giorno, dando i numeri (su Civitas). Pubblicheremo semplicemente alcuni documenti ufficiali, evitando commenti personali. Eventuali successivi chiarimenti o relazioni sui numeri che compariranno nel bilancio Civitas 2012, formatosi sotto la gestione commissariale, avranno solo lo scopo di contribuire a capire meglio. Purtroppo dobbiamo aspettare che detto bilancio venga pubblicato alla Camera di Commercio perché nessuno, di chi ne ha il potere, ha ritenuto (dopo nove mesi dalla chiusura del 2012) di renderlo pubblico.
Abbandoniamo, quindi, decisamente ogni inutile polemica, evitiamo di gonfiare le notizie, cerchiamo di essere oggettivi, per quanto possibile, e lavoriamo in modo costruttivo per la verità.
Ci vuole indubbiamente maggiore umiltà da parte di tutti i soggetti in gioco, e io devo essere il primo a placare la mia frequente arroganza e presunzione che sprigiono, senza volerlo, quando ritengo di essere attaccato ingiustamente.
Vi dirò di più. In passato non valutavo l’arroganza e la presunzione sempre negativamente, perché ritenevo fossero, a volte, giustificabili purché si fosse nel giusto. Diventavo quindi presuntuoso arrogandomi l’auto valutazione di essere nel giusto. Una sorta di autodifesa. Dopo i fatti accaduti in questi ultimi anni, però, sono ulteriormente maturato (è bello continuare ad apprendere e saper cambiare idea) e mi sono reso maggiormente conto che le ingiustizie esistono e sono anche frequenti. Poco conto se tu sei (o credi di essere) nel giusto. E se chi ti accusa è un soggetto molto più forte e potente di te (Procura, Prefettura, Ministero dell’Interno, Mafia o altro) non puoi difenderti con la presunzione e l’arroganza di sapere di essere nel giusto, come spesso ho fatto nella mia vita, ci vuole invece pazienza, speranza, fede, senso civico, stabilità mentale e psichica, soldi (per le spese legali) e molta fortuna.
Ho finalmente capito, e questo è stato un dono, che siamo tutto e niente nel contempo, che si può essere colpevoli solo per essere stati troppo onesti, che è possibile facilmente equivocare fatti, circostanze e congiunture solo se cambia il contesto in cui vengono proiettate e suggestivamente motivate. In questo contesto distorto, gli indizi possono diventano prove, le chiacchiere condanne. Quindi non puoi che “affidarti” a chi ha il potere di dire “l’ultima verità”: un giudice per la giustizia terrena, il Signore per quella eterna.
4 ottobre 2013 – Marco Prestileo