La definizione di satira va dettagliata sia rispetto alla categoria della comicità, del carnevalesco, dell’umorismo, dell’ironia e delsarcasmo, con cui peraltro condivide molti aspetti:
- con il comico condivide la ricerca del ridicolo nella descrizione di fatti e persone,
- con il carnevalesco condivide la componente “corrosiva” e scherzosa con cui denunciare impunemente,
- con l’umorismo condivide la ricerca del paradossale e dello straniamento con cui produce spunti di riflessione morale,
- con l’ironia condivide il metodo socratico di descrizione antifrasticamente decostruttiva,
- con il sarcasmo condivide il ricorso peraltro limitato a modalità amare e scanzonate con cui mette in discussione ogni autorità costituita.
Essa si esprime in una zona comunicativa “di confine”, infatti ha in genere un contenuto etico normalmente ascrivibile all’autore, ma invoca e ottiene generalmente la condivisione generale, facendo appello alle inclinazioni popolari; anche per questo spesso ne sono oggetto privilegiato personaggi della vita pubblica che occupano posizioni di potere.
Queste stesse caratteristiche sono state sottolineate dalla Corte di Cassazione che si è sentita in dovere di dare una definizione giuridicadi cosa debba intendersi per satira:
« È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene. » |
(Prima sezione penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 9246/2006)
fonte: wikipedia 16 giugno 2013 – lo staff di Ventimigliablog |
Pensando allo scooterista filosofo:
uno per tutti tutti per uno
dartagnan