Mi è ricapitato in mano un testo dei primi anni dell’università. Si tratta di un libretto di poche pagine con il quale Taylor, chiamato a difendere il “taylorismo”, spiega quello che secondo lui era il dramma dell’umanità: l’aver pensato, per tanto tempo, che l’imprenditore e i lavoratori delle fabbriche incarnassero, senza ombra di dubbio, due parti distinte e contrapposte del problema della distribuzione della ricchezza nel mondo. Sostiene, con una chiarezza espositiva che mai riuscirò a pareggiare, che il fermarsi a litigare per dividere un pasticcino in 100 parti ha fatto perdere all’umanità la possibilità di costruire una torta talmente tanto grande che nessuno avrebbe mai dovuto litigare per dividerla. Dopo questa semplice chiacchierata, Taylor prende e crea le nuove fabbriche, le nuove industrie e, insieme a Henry Ford, crea il nuovo mondo, quello in cui anche io, di umili origini, posso permettermi un’auto.
Insomma, dal mio motorino, pensavo che la mia città, e spesso anche io, ha dato vita a questo dramma. Il dramma del dividersi gli spiccioli, senza rendersi conto che una città non è un insieme di interessi contrapposti ma è una comunità di persone che potrebbero mangiare una torta immensa ed essere felici. Ho ripensato poi anche alle parole di Saviano dell’altra sera, del fatto – anche questo piuttosto ovvio – che la mafia si annida là dove esiste la povertà e, dalla povertà, ricava ricchezza e potere.
Ecco, pensavo questo oggi.
Che se davvero in questa Città e in questo Stato si vuole sconfiggere la mafia, forse non bisogna tentare di sconfiggere la mafia quanto, invece, la povertà. E chiunque di noi rappresenti interessi “partigiani”, magari spacciandosi per un giusto che combatte la malvagità, non fa altro che disossare terreno fertile dove la mafia può seminare e raccogliere.
6 giugno 2013 – Albino Dicerto
Allego il primo capitolo del testo di Taylor…purtroppo è inglese, non ho trovato una versione italiana… Magari nei prossimi giorni ne farò una traduzione!
FUNDAMENTALS OF SCIENTIFIC MANAGEMENT
The principal object of management should be to secure the maximum prosperity
for the employer, coupled with the maximum prosperity for each employee.
The words “maximum prosperity” are used, in their broad sense, to mean not
only large dividends for the company or owner, but the development of every
branch of the business to its highest state of excellence, so that the
prosperity may be permanent.
In the same way maximum prosperity for each employee means not only higher
wages than are usually received by men of his class, but, of more importance
still, it also means the development of each man to his state of maximum
efficiency, so that he may be able to do, generally speaking, the highest
grade of work for which his natural abilities fit him, and it further means
giving him, when possible, this class of work to do.
It would seem to be so self-evident that maximum prosperity for the employer,
coupled with maximum prosperity for the employee, ought to be the two leading
objects of management, that even to state this fact should be unnecessary.
And yet there is no question that, throughout the industrial world, a large
part of the organization of employers, as well as employees, is for war
rather than for peace, and that perhaps the majority on either side do not
believe that it is possible so to arrange their mutual relations that their
interests become identical.
Grande Taylor ….. grande post, grande Albino.
Si, lo diceva un uomo che la mafia l’ha combattuta davvero, Giovanni Falcone: bisogna sconfiggere la povertà e l’ignoranza. Naturalmente nel frattempo mettiamo pure in galera chi delinque, i mafiosi, ma evitiamo generalizzazioni e siamo prudenti.
Marco Prestileo