Ormai ci siamo abituati all’improntitudine e restiamo impassibili e indifferenti nell’ascoltare, vedere e leggere cose sconce e invereconde però declamate con forza e autorevolezza.
Ce le sbattono in faccia appena desti, ce le portiamo dietro tutta la giornata e di notte il subconscio lavora nella nostra memoria rigida.
Manovra finanziaria a parte, questa mattina i temi sono due: quello di Aboubakar Soumahoro e dei migranti e quello di Makeevka, villaggio nella Repubblica popolare di Luhansk dove alcuni soldati ucraini avrebbero “bullizzato” dodici prigionieri russi spedendoli al Creatore con una mitragliatrice mentre erano disarmati e proni a terra.
Al numeratore può esserci indifferentemente la pasionaria di Ventimiglia reduce dal pellegrinaggio a Napoli in occasione dello scioglimento del sangue di San Gennaro Calenda oppure il New York Times, portavoce del Procuratore Generale dell’Ucraina, la cosa non cambia, purché al minimo denominatore comune ci sia qualcosa di sconcio e di inverecondo da somministrare.

*****

Sulla improntitudine della pastorella intemelia, illuminata dall’apparizione del suo Vate Solipsista, l’amico Gianni Berrino, fresco di elezione al Senato della Repubblica ha detto la sua, e lo ha fatto usando una aggettivazione soft, “assurdo” e “paradossale”, che non mi sento di condividere.
Perché in questo momento prendere le difese della Francia “provocata” dall’Italia e di un Macron che giustamente reagirebbe alle “provocazioni” della Presidente Meloni, per me, è “sconcio” e “inverecondo”.
Questo dopo che lui ha sospeso il Trattato di Maastricht e chiuso la frontiera per rischio terrorismo: ma quello dei migranti che si aggirano sotto i ponti affamati e senza un riparo di fortuna per la notte, ditemi! che cazzo di terrorismo è?
Cose che offendono la decenza e il pudore e che a Ventimiglia sono un oltraggio alla realtà sotto gli occhi di tutti.
Deve aver baciato la statuetta-gadget di Calenda con dentro l’acqua benedetta il giovane diacono Giuseppe Palmero quando “felice” si offre come testimonial di una realtà alternativa da vedere con gli occhiali di “Azione”.
Un Partito della fanta-sinistra sempre incinta del quale francamente in giro non si avvertiva il bisogno.
E neppure la necessità di aggiungerlo al già ricco campionario sul mercato nel quale c’è chi sulla 7 in materia di migrazione dall’Africa è riuscito a far arrossire dalla vergogna anche l’onorevole Aboubakar Soumahoro.

*****

Le due brevi sequenze del massacro di Makeevka scoperte cinque giorni fa sul telefonino di un prigioniero ucraino parlano da sole, le ho postate sulla mia pagina Fb opportunamente “velate” da un “caveat” rivolto alle persone sensibili.
Nella prima sequenza girata in un’aia rurale con animali da cortile si vede un mitragliere in divisa mimetica ucraina in piedi che interpella in russo il primo della fila di dodici soldati proni a terra il quale solleva il capo per rispondere: “Chi è l’ufficiale?” e subito dopo il video prende a traballare al fragore di ripetute scariche di mitragliatrice.
La seconda sequenza è girata da un quadricottero in dotazione ucraina che riprende il teatro del massacro da qualche metro di altezza e mostra la medesima fila di undici soldati russi crivellati di colpi e il dodicesimo cadavere spostato in avanti di un paio di metri.
Di horror bellico ne vediamo in abbondanza nei film, ma una strage dal vivo, in diretta, e con armi e proiettili che abbiamo pagato noi, magari avendo nella cameretta accanto un Nipote della stessa età di quei ragazzi vivi che muovono il capo e un attimo dopo grondano sangue, beh! ragazzi! è un pugno nello stomaco.
Eppure l’improntitudine del New York Times arriva al punto di riaccendere i riflettori nello studio cinematografico dove in primavera aveva girato il film bufala “Bucha” e lo fa per dare delle due sequenze una versione sconcia al limite dell’osceno e per dirci in maniera invereconda che la realtà è un’altra, diversa da come la vediamo con i nostri occhi.
Ecco come TESTUALMENTE il New York Times descrive l’accaduto.
“Il dodicesimo soldato russo esce dal riparo e apre il fuoco, mirando a uno dei soldati ucraini. Gli ucraini sono colti di sorpresa. Il soldato ucraino che filma questa scena è colpito. Dopo un’analisi fotogramma per fotogramma, diventa chiaro che il soldato ucraino in piedi accanto a lui (“il mitragliere attaccante”) solleva l’arma, la punta, mira e spara in direzione dei russi. Il video finisce e non è chiaro cosa è successo dopo.
Il secondo video, girato dall’alto, mostra il finale cruento: i soldati russi giacciono immobili, molto probabilmente morti.”
Ecco le prove “inconfutabili” del New York Times a dimostrazione che le due sequenze sono frammenti di un’azione di guerra e che i dodici russi se la sono cercata.

*****

Per oggi direi che è tutto.
Solo una breve annotazione: l’espressione soft l’ho usata anch’io nel parlare di “improntitudine” perché lo zoticone che abita dentro di me suggeriva una terminologia molto più pesante.
Bruno Giri

Lascia un commento