Torno dalla manifestazione dei frontalieri. Dopo la mia espulsione de facto dalla rosa dei candidati del PD ho partecipato alla manifestazione in modo anonimo, da semplice cittadino Ventimigliese. Non ho capito molto e me ne sono andato quando è iniziato il momento delle chiacchiere. I cortei sono belli, i comizi mi annoiano, disperdono l’energia del popolo. Raccontano al corteo ciò che il corteo vuole sentirsi dire, colpendolo da Destra e da Sinistra con frasi demagogicamente vuote.
Detto questo, i frontalieri incazzati devono sapere che sono in buona compagnia: mi par di capire che si lamentino per le imposte e per l’incertezza normativa, per le leggi che cambiano da oggi al domani incidendo sul mondo reale e sulla vita delle persone. Impediscono la programmazione delle spese famigliari, devastano i piani economici e finanziari delle imprese, mettono in fuga i capitali italiani e stranieri, creano disoccupazione, paura, angoscia. Il popolo italiano e le imprese italiane assistono inermi al gioco delle tre carte formato governativo (l’IMU non c’è, l’IMU c’è, l’IVA si alza, l’IVA si abbassa, lo scaglione Irpef va, lo scaglione Irpef viene).
Non si può che unirsi a loro, nel loro grido di protesta. Che però, mi dispiace davvero tanto constatarlo, è un problema trasversale, di tutte le categorie a tutti i livelli e non un problema corporativo dei soli frontalieri. Credo che ogni Ventimigliese, ogni Italiano avrebbe dovuto essere in piazza a urlare il proprio sdegno per ciò che lo Stato (e gli uomini-Stato, quegli esseri mitologici con il corpo di uomo e la testa di Stato…) ci chiede e, ancor peggio, per ciò che fa con i nostri soldi.
21 settembre 2013 – Albino Dicerto