LA PUNTINA di Massimiliano Lussana
L’OSCENO BANCHETTO DEL TRIBUNALE DEI SOCIAL SUL CADAVERE (POLITICO) DI TOTI
Oggi riparlo del caso Toti, ma non per analizzare di capi d’accusa, intercettazioni, gossip ameni, varie ed eventuali.
Credo che sia materia per la magistratura e non per imbastire processi sommari, nè con condanne preventive, né con assoluzioni a prescindere.
Ciò che pensò dal punto di vista giudiziario e politico l’ho scritto ampiamente ieri e, anzi, lo ribadisco oggi dopo aver parlato con un po’ di penalisti. Insomma, considerare i versamenti tracciati a favore della fondazione di Giovanni Toti alla stregua di “tangenti”, come fossero soldi consegnati di notte in una scatola di scarpe con un doppio fondo, è esercizio da verificare con il proseguimento dell’inchiesta. Ma comunque, soprattutto se non si dimostrasse il rapporto causa-effetto, il reato sarebbe tutto da dimostrare. Il problema dei costi della politica dopo l’abolizione del finanziamento pubblico è un problema reale e troppo semplice per essere liquidato con un’alzata di spalle, chiunque sia il finanziatore, da Soros al più piccolo contributo ai banchetti. E far finta che non esista il problema, certo non lo risolve.
Però, detto che dai faldoni non emerge il migliore dei mondi possibili, dico anche che io personalmente se dovessi sia chiedere che pagare una tangente – scusatemi, ma non ho praticità con questo esercizio e quindi non sono un esperto – difficilmente lo farei con l’IBAN. E se fossi il presidente di una Regione e decidessi di mettere in vendita il mio ruolo forse 74mila euro, ma anche il doppio, sinceramente mi sembrerebbero una cifra troppo economica. Ovviamente, scherzo, prima che qualcuno mi accusi di fare il tariffario della corruzione, ma spero che il concetto sia chiaro.
Insomma, ho la massima stima e rispetto della magistratura e non condivido le critiche aprioristiche a questa inchiesta, il garantismo è una cosa troppo seria per difendere a prescindere chiunque. Amici e avversari.
Però penso che un arresto alle 3 di notte sia qualcosa che si riserva solitamente a Matteo Messina Denaro o simili e forse nemmeno a loro. E non credo che Giovanni Toti sia nulla di tutto questo. Soprattutto, credo che se ha commesso un reato vero quello sia il reato di “ubris”, una certa ubriacatura di potere, come spesso capita ai politici. Ma umanamente, anche e soprattutto oggi, non merita nulla di ciò che sta subendo da parte dei leoni da tastiera o degli scandalizzati del giorno dopo. Non mi iscrivo a questo partito, così come non sono iscritto a nessun partito.
Comunque per una lettura giuridica di questa storia consiglio l’articolo di Mattia Feltri che posto qui sotto, perché dimostra che non tutti abdicano all’esercizio del pensiero.
Ho anche scritto ciò che penso politicamente e penso che sarebbe drammatico per tutti noi se insieme a Toti venisse arrestato lo sviluppo della Liguria che sta (stava?) provando a volare, sbocco al mare dell’Italia e dell’Europa continentale alle nostre spalle.
Soprattutto, ed è ciò a cui tengo di più, spero che non si fermino le politiche sociali di questa giunta, l’aiuto ai più deboli, non ai ricchi. Le ripeto perché penso siano il lascito politico principale di Toti: abbattimento dell’addizionale Irpef per le fasce deboli, asili nido gratis, treni gratis in tutta la regione e studentati per gli universitari, rigenerazione urbana e demolizione dei ghetti come Begato. Poi, certo, la sanità è in difficoltà e le liste d’attesa per alcune specialità sono lunghissime, anche se l’acquisto di prestazioni dai privati per alcune specialità ha migliorato le cose.
Non siamo in Paradiso, ma certo la regione da nove anni è viva e attrattiva di investimenti, non di sussidi, che sono l’assicurazione sulla vita di un territorio e del futuro.
Insomma, questo è il riassunto della Puntina di ieri, che vi ringrazio per aver amato, nella maggior parte dei casi, ma anche odiato. Va bene tutto, perché il dibattito e la diversità di opinioni arricchiscono sempre e l’unico vero pericolo è l’assuefazione, l’indifferenza.
Però una cosa lasciatemela dire: vedendo quelli che infieriscono in rete (in alcuni casi addirittura i beneficiati da Toti o quelli che pietivano bussando alla sua porta e tanto dovrebbe bastare per un giudizio umano su questa gente), gli unici che in qualche modo comprendo solo quelli come Ferruccio Sansa. Che sui finanziamenti a Toti è da anni che fa la sua battaglia politica, che io non condivido come non ho condiviso l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, e che ho sempre contestato politicamente dicendogli che non era la mia battaglia. Ma, vivaddio, almeno lui ci mette la faccia e l’ha sempre detto. Così come Luca Pirondini.
Ma, appunto, a parte questa critica politico-giudiziaria, che non è la mia, ma almeno è costante negli anni, quello che vedo è un tribunale dei social che sta distruggendo un uomo. Lo sta letteralmente ammazzando, con i post e la gogna social, con pensieri e parole di una violenza inaudita e indegna.
E questo, sinceramente, mi fa schifo, letteralmente schifo. E mi tengo morbido.
Toti comunque, persino se dovesse essere immediatamente prosciolto, è politicamente finito, almeno per un po’, perché comunque è difficile riemergere dalla melma, vera o falsa che sia.
Giovanni – sì mi piace chiamarlo per nome, come ho sempre fatto, proprio qui, proprio oggi, in mezzo a gente squallida che sbavava per entrare nei selfie e oggi finge di non conoscerlo – non credo che meriti questa gogna e queste tricoteuses che applaudono sotto la ghigliottina, che danno i calci a un uomo a terra.
Probabilmente Toti è morto politicamente, almeno oggi è così, domani non lo so, perché credo che abbia le qualità per riemergere. Ma, ovviamente, il problema del terzo mandato finisce qui, con una soluzione esterna, non sgradita anche a molti della sua stessa maggioranza.
Ma l’accanimento, l’odio, la rivalsa, la bava alla bocca, qualificano chi li mette in essere, anche se fanno male a chi li subisce.
E ci tengo a lasciare le ultime parole a una persona con cui talvolta non sono d’accordo, ma che stimo molto, umanamente e professionalmente, oltre che ovviamente artisticamente, Daniele Raco.
Lui, anche facendo l’attore, non ha mai nascosto le sue idee, le sue passioni ed ha “rischiato” anche di diventare senatore della Repubblica candidandosi alle “parlamentarie” del MoVimento Cinque Stelle.
Credo che Daniele, commentando ieri la Puntina abbia scritto la cosa più bella e mi piace condividerla con voi: “E’ semplicemente il fatto della settimana e allora ci tocca assistere alla pioggia di meme più o meno divertenti. Ho fatto un paio di post anche io che teoricamente facendo il comico di mestiere sto appunto, facendo il mio mestiere. Sui quelli che fino a ieri lo chiamavano Giova e ora quasi in maniera ossessiva, ne prendono le distanze ti do ragione. Ma non è per lui nello specifico, è l’atteggiamento diffuso su tutto ormai. È il gossip di serie C sull’altare del quale siamo disposti a sacrificare anche amicizie decennali. È successo nel proprio piccolo ad ognuno di noi. La galera non si augura a nessuno, i domiciliari nemmeno. È roba brutta e chi si riempie la bocca non sa nemmeno di cosa stia parlando.
Ultima cosa, non l’ho mai votato, anzi, ho sempre militato in qualche modo all’opposizione. Ma l’ho sempre chiamato presidente ogni volta che l’ho incontrato. Una sera qualcuno mi ha detto che non capiva perché proprio io lo chiamassi così, ho risposto che era anche il mio presidente, perché eletto e perché che mi piacesse o meno, rappresentava la terra dove vivo. E per questo da uomo, sono dispiaciuto. Come comico continuo a fare il mio lavoro”.
Ecco, così.
Grazie Daniele, di averci fatto respirare aria pura.
Serviva, oggi.