Non devo farmi sentire per evitare che mi aumenti la parcella, però bisogna riconoscere che i consulenti legali di Saturno sono più bravi di quelli terrestri.
L’altro giorno Baby Yoda paragonava l’Amministrazione comunale di Sanremo a Rocambole perché aveva rubato lo “ius variandi et corrigendi” a due dei tre concorrenti e l’aveva considerata una specie di Houdini che cambia in continuazione le carte in tavola e questa mattina arriva il TAR a dargli ragione.
In pratica per il Tribunale i “Biancheri Boys” erano partiti bene, niente da dire, con 7 parametri di valutazione come si fa anche a Miss Italia con taglia, inclinazione del capezzolo e coppa di champagne come unità di misura del seno, per non parlare del resto.
Ma poi hanno miscelato i parametri nello shaker di Giunta e il cocktail se lo è bevuto il primo proponente, predestinato alla vittoria grazie al diritto di prelazione.
Agli altri due neanche gli stuzzichini, anzi il 27 maggio 2019 nel mandarli a fanculo i “Biancheri Boys” li hanno sfidati a ricorrere al TAR “secondo il disposto dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990” e loro, come abbiamo visto, hanno accettato la sfida.
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Il Collegio giudicante adesso spiega che quando a ballare non è un ballerino solo ma ce ne sono tre si deve rispettare la “par condicio” e in questo caso, come aveva detto il mio consulente alieno, tutti devono poter cambiare il passo di danza adeguandolo alla 5 richieste dei “Biancheri Boys”.
Adeguamento del Piano finanziario e della convenzione, rimodulazione dei rischi, indagini, sondaggi geologici e scavi archeologici definiti da loro “non sostanziali”, belinate che non cambiano la proposta che avevano scelto, però senza di quelli undici mesi dopo non poteva esserci la dichiarazione di pubblico interesse e l’inserimento negli atti di programmazione delle OO.PP. comunali.
Il che, diciamocelo, non è prova di lucidità di mente.
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Le carte in tavola cambieranno di nuovo nella Conferenza dei Servizi asincrona tra gennaio 2020 e aprile 2021 per accontentare i privati coinvolti nell’avventura, baristi, pescatori e canottieri e anche gli Enti pubblici partecipanti a vario titolo, senza dimenticare l’enorme incremento degli investimenti previsti e l’adeguamento alle ultime linee-guida ANAC.
Un altro cambiamento avverrà alla Robin Hood, per ridare al partner privato quello che quel rompicoglioni di RUP gli aveva tolto con l’adeguamento del Piano finanziario e della convenzione e con la rimodulazione dei rischi che erano state tra le 5 richieste che i “Biancheri Boys” “obtorto collo” avevano dovuto imporgli.
Il TAR ha scoperto gli altarini di Robin Hood con queste parole: “… pur in presenza di una matrice dei rischi formalmente corretta, il trasferimento dei rischi … in capo al concessionario può non essere effettivo se a vantaggio di quest’ultimo sono previsti extra-redditi”.
Detta alla Oxfordiana, l’operazione è nata col partner privato che faceva il bulicio con il culo del Comune, poi il RUP se ne è accorto e il Comune ha dovuto rimodulare la situazione, però per restituirgli con la mano sinistra quello che gli aveva tolto con la mano destra ha aumentato le tariffe praticate dal partner privato e quindi i suoi redditi.
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Le 25 pagine della Sentenza del TAR confermano quello che Baby Yoda mi aveva detto e confermato per scritto, mi ricordo bene, era il giorno del mio Onomastico, San Martino, di tre anni fa, cioè che l’iniziativa sarebbe finita a puttane per due stupide questioni procedurali, violazione di “par condicio” in presenza di più proposte e varianti sostanziali del progetto a base d’asta.
Correttamente adesso il Tribunale chiamato a giudicare la legalità dell’atto amministrativo e non il merito lo conferma in due semplici passaggi “ad escludendum” che riassumo:
I. La legge accorda al Comune una amplissima discrezionalità tecnica e “politica” nella scelta progettuale di pubblico interesse e nella interlocuzione con il proponente soltanto quando è “unico”.
II. In tutti e due i casi, unico oppure più d’uno, il progetto a base d’asta non può variare le motivazioni di pubblico interesse alla base della scelta effettuata.
Detto alla Oxfordiana, due stronzate, figlie dell’arroganza del Potere.
Lo dico per tutti gli umili come me che si interrogano sul destino di una comunità che ne subisce duramente le conseguenze.
Bruno Giri
Archivio mensile:Gennaio 2023
A Baby Yoda piace giocare come il gatto con il topo.
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Sul pianeta del mio consulente alieno con studio legale su Saturno il 2023 deve essere l’“Anno del Gatto”.
Bruno Giri
quando manca trippa per gatti
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Bruno Giri
La legalità è come il gelato, va secondo i gusti.
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Bruno Giri
A Natale si raccontano le fiabe…..
In primo piano
L’ingresso della realtà nel mondo delle fiabe ha tempi diversi, dipende dal genere e dal luogo.
A Sanremo, per esempio, la “legalità” amministrativa sopravvive non più di due o al massimo tre generazioni, dopo di che la legge evapora e tutto finisce in una nuova “Mille e una notte”.
Ieri l’altro “the Genius of the lamp” era inglese e, racconta la fiaba, su ordine di Aladino avrebbe dovuto uccidere l’Ecomostro che fin dalla notte dei tempi rovina il sonno agli abitanti.
A fermargli la mano è stato il Demanio marittimo, un Mostro Malvagio che è apparso in Conferenza dei Servizi decisoria, reclamando da Reuben Brothers, “The Aladdin”, la restituzione di tre sue piscine per una superficie complessiva di mq 2.650.
Ognuno a Sanremo ha il proprio Genio e quello del Demanio marittimo è l’Avvocatura dello Stato alla quale chiedere la conferma che le lucciole possono essere scambiate per lampade.
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Lo scambio oggi avviene su due superfici asimmetriche, una del Demanio e l’altra del Comune.
Quella del Demanio, di mq. 343.010 va dalla foce del Torrente San Martino alla foce del Torrente San Francesco.
La superficie comunale, invece, cioè la zona L 1 del P.R.G., di mq. 263.860 si ferma alla foce del Rio San Lazzaro e lascia fuori la zona urbanistica “BL” balneare di mq. 79.150 dove ci sono le ultime quattro lucciole rimaste accese, gli stabilimenti “Morgana”, “Italia”, “Lido” e “Arenella”.
Le lucciole spente dal Comandante del Dipartimento Marittimo di Imperia il 2 agosto 1974 illuminavano gli otto storici stabilimenti balneari presenti nella zona L1 del P.R.G., ecco i loro nomi: Florida, Aurora, Elios, Suore della Misericordia “Don Orione”, Mediterranée, Rotonda, Eden Roc e Bikini.
Al loro posto si sono accese altrettante lampade sul litorale e sullo specchio acqueo antistante, concessi dal Demanio alla società CNIS Portosole S.p.A. di Martolini e Piras il 27 settembre 1975 con validità fino al 31 luglio 2024 perché vi facessero un porto privato per la nautica da diporto.
Ognuna di quelle lampade nei 47 anni successivi è stata sfregata dall’Aladino di turno e ne è uscito sempre il Genio sbagliato rispetto alla fiaba delle “Mille e una notte”.
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Tra i tanti Aladini sbagliati ci sono anch’io, l’assessore all’urbanistica che il 14 febbraio 1989 ha portato in Consiglio comunale e fatto approvare il piano attuativo della zona L1 suddiviso in 11 lotti, però una volta tanto il mio è stato un semplice peccato veniale.
I peccati mortali che interessano direttamente Reuben Brothers, “The Aladdin”, sono di chi sul “Lotto 3” ha generato l’Ecomostro addormentato il 20 dicembre 2001 e di chi ha avuto a che fare con i tre vizi occulti del progetto originario del porto firmato “Martolini” e “Studio Maggiora & Vergnano”: 1) il Rio Rubino che sfocia all’interno dello specchio portuale e che, forse, ha provocato il crollo di un pontile; 2) il P.A.R.F. acronimo di “Piano di Attuazione Rete Fognaria” che fa il depuratore a Capo Verde direttamente collegato con la stazione di sollevamento di San Lazzaro da un collettore che interferisce con l’area portuale; 3) la “Pozzanghera marina” di 79.150 metri quadrati nella zona “BL” del P.R.G. dove l’atto di concessione demaniale marittima 27 settembre 1975 prevede l’obbligo di realizzare tre piscine scoperte di mq 2.650 complessivi per un importo stimato di lire 1.500.000.000 al quale corrispondono € 1.354.149,99 attualizzati a 5 anni fa, piscine “che dovranno sostituire ai fini della balneazione lo specchio acqueo antistante ormai inidoneo per la presenza dei due porti che lo racchiudono”.
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Il rimedio dei primi due vizi occulti è ormai entrato da decenni nel mondo delle fiabe, le sue origini risalgono al 27 maggio 1977 quando “iussu Principis” il Sindaco dell’epoca, Vento, ordinò alla società concessionaria di tombinare il rio Rubino fino e dentro il bacino portuale e di incanalare la fognatura in un collettore in PVC di 300 mm. di diametro per 260 metri di lunghezza fino a raggiungere la stazione di pompaggio del Rio San Lazzaro, ordine quest’ultimo che sarà eseguito solo fino al sottopasso di via del Castillo.
È successo due Piani Regolatori fa, quando dal 18 gennaio 1960 era ancora in vigore il Piano Regolatore del professor Morini portato in Consiglio comunale il 12 luglio 1955 dal sindaco Asquasciati e che era stato firmato dal Ministro dei Lavori Pubblici Togni e controfirmato dal Presidente Gronchi in applicazione della Legge Urbanistica del 1942 di Mussolini.
Sul terzo vizio occulto, invece, quello della “Pozzanghera marina” tra i due Porti da riempire con tre piscine, è scoppiata una guerra tipo quella dei Cent’Anni tra Inghilterra e Francia, suddivisa in tre fasi: 1) l’invasione 1990-91; 2) l’armistizio 11 luglio 2018 e 3) la resa dicembre 2022 in “Conferenza dei Servizi” sospesa in attesa del responso dell’Avvocatura dello Stato.
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L’invasione dal mare è avvenuta tra due date, il 26 settembre 1989, giorno del mio addio all’assessorato, e il 30 agosto 1990 firma del Decreto regionale n. 1064 che approverà il Piano attuativo di “Portosole” che in precedenza era stato portato da me in Consiglio comunale, fatto approvare e poi controdedotto.
Lo sbarco della società CNIS Portosole S.p.A., nel frattempo passata a Gianni Cozzi, è avvenuto il 28 marzo 1990 sullo specchio acqueo tra il Rio San Lazzaro e il Torrente San Francesco e sulla spiaggia relativa, inclusa l’invasione dello storico edificio del “Morgana”, costruito nel 1890 dalla “Societa’ di Bagni Marini” di Filippo Grossi al tempo della “Belle Epoque”, poi demolito e ricostruito in stile fascista nel 1936, XII E.F., e in passato anche “dependance” del Casinò.
La società per poter costruire le tre piscine aveva chiesto al Ministero della Marina Mercantile il subingresso cinquantennale nelle concessioni demaniali non ancora scadute dei quattro stabilimenti balneari esistenti e la concessione di quella dell’edificio demaniale del “Morgana” che invece era da tempo giunta a scadenza.
La “Resistenza” all’invasore da parte di legioni di avvocati vittoriosi, reclutati dai concessionari è entrata nella Storia del diritto prima di finire anche lei nel mondo delle “Mille e una notte.
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Dopo le preistoriche “opere provvisionali di cantiere” e quelle idrauliche e idriche di “necessità e urgenza” che hanno preceduto l’entrata in vigore del mio Piano attuativo, l’invasione da terra è avvenuta sul n.° 3 degli 11 lotti nei quali era suddiviso, quello immediatamente a levante dello spartiacque tra le due zone L1 e BL sul quale era previsto un albergo e un parcheggio e si è sviluppata per ondate successive fino al sonno ininterrotto di un Ecomostro che dura ormai da vent’anni.
In questo caso le operazioni belliche hanno dovuto attendere il Decreto regionale del 30 agosto 1990 di approvazione definiva e poi un anno e mezzo dopo anche la formalizzazione della mia “bozza” allegata al Piano attuativo avvenuta nello Studio del Notaio Donetti con la stipula della convenzione 30 novembre 1991 Rep. n. 8594 e Racc. 3301 tra il presidente della società Gianni Cozzi e Onorato Lanza sindaco.
Un paio di settimane dopo, il 14 dicembre 1991 sarà protocollato con il numero di pratica edilizia C 1028 il progetto dell’Ecomostro sul “Lotto 3” e l’8 marzo 1993 arriva il primo “Permesso di costruire”, che sarà annullato dal Ministero dei Beni Ambientali il 13 agosto 1993 e quindi resuscitato il 25 agosto 1994.
La “Resistenza” all’invasore anche sulla terraferma ha mobilitato legioni di partigiani e questa volta, prima di finire anche lei nel mondo delle “Mille e una notte”, transiterà attraverso la cronaca nera, conoscerà i deliri dell’espansione all’infinito dei posti barca e del contrapposto ritorno ambientalista allo stato di natura, e naufragherà sugli scogli della spirale di ristrutturazione del debito sociale preconcordataria che coinvolgeva anche il “Porto degli Scoglietti” di Ventimiglia.
“Resistenza” che finirà in vacca.
Prima il procedimento amministrativo di revisione del Permesso di costruire, avviato il 28 maggio 1996 dopo polemiche isteriche in Consiglio comunale e archiviato il 5 febbraio 1997 dalla Giunta sulla base del parere pro veritate depositato il 2 gennaio 1997 dall’arbitro avvocato Corrado Mauceri di “insussistenza dei presupposti e dei requisiti per una conclusione positiva”.
Poi anche il processo penale a carico degli amministratori del C.N.I.S. e dei tecnici si concluderà più tardi, nel 2006, ma allo stesso modo, con la loro assoluzione perché il fatto non sussiste in assenza di dolo nelle irregolarità denunciate da “Legambiente”, difformità che, tra l’altro, risultavano condonate.
La prima betoniera dopo il lavoro dei carpentieri arriverà in cantiere il 30 luglio 1999 e l’ultima troverà il cancello chiuso il 20 dicembre 2001 con appiccicato un foglio con su scritto che all’esito del sopralluogo effettuato il 5 settembre 2001 nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato ai sensi dell’art. 14 della legge 47/85 si sospendevano i lavori e si ordinava il ripristino dei luoghi.
Il 20 e il 23 giugno 2008 finirà in vacca anche l’ultima resistenza all’invasore, tutte le difformità saranno condonate e il 15 maggio 2009 la società otterrà a protocollo n. 5322 il mitico “Permesso di costruire” n. 67 che la autorizzava a completare la struttura turistico-ricettiva prevista sul “Lotto 3”, ma anche questo titolo edilizio finirà in vacca a causa del mancato inizio lavori nel termine di legge non ostante un avviso di “inizio lavori” del 14 maggio 2010 rimasto senza seguito.
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Dopo la “ammuina” del sindaco Zoccarato e del suo assessore Dolzan proseguita per l’intero quinquennio 2009-2014 con la Conferenza dei Servizi preliminare sulla variante al mitico “Permesso di costruire” n. 67 decaduto, il fiammifero dell’armistizio con la società “CNIS Portosole S.p.A.” adesso è tra le dita del sindaco Biancheri per il quale, come sappiamo, il Demanio marittimo è un Mostro Malvagio, e lo dimostra anche in occasione della pratica del restyling di “Porto Vecchio” da esorcizzare con la magia del project financing.
Il 30 luglio 2018 in Consiglio comunale Biancheri lo ha acceso con un triplo salto mortale senza rete.
Dove il primo salto è l’abbandono delle procedure urbanistiche e il ridimensionamento di quelle ambientali in presenza di “attività produttive” grazie al “doping” della legge regionale n. 10/2012.
Dove il secondo salto è il conto senza l’oste in casa del Demanio, barattando le tre piscine con un fantomatico “impianto di rigenerazione e ossigenazione delle acque all’interno dei due bacini portuali. Questo in compensazione delle opere che dovevano essere eseguite nella convenzione originaria con Portosole…” del costo di € 668.300,00 al quale si aggiungono a scomputo € 568.000,00 per lo sbocco nel rio San Lazzaro e quindi per un totale complessivo di € 1.236.300,00 e quindi con un credito a favore del Comune di € 117.849,99 come spiega l’assessore Trucchi.
Il quale assessore ignora che la convenzione è tra il Demanio e la Società, che il Comune c’entra come i cavoli a merenda, che la cifra di € 1.354.149,99 è il valore stimato delle piscine che sostituisce e compensa quello dei beni reali demaniali passati alla società concessionaria.
Dove il terzo salto è nei numeri della variante “attività produttive” con 10.747,08 metri cubi in più rispetto alla volumetria massima del “mio” Piano urbanistico attuativo che si dà per attuato e operante e di cui grazie alla legge regionale n. 10/2012 sulla semplificazione amministrativa, si propone una variante implementativa.
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Chissà se l’Avvocatura dello Stato racconterà al Demanio il finale di questa fiaba: “……e vissero tutti felici e contenti.”
Bruno Giri