La legalità è come il gelato, va secondo i gusti.

In primo piano

“Il giornalista non deve narrare i fatti. Deve inventarli.” (Pitigrilli)
La logica di questo paradosso è che del “fatto”, come del gelato, ci sono infiniti gusti e ogni lettore ha le sue preferenze. Va accontentato.
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Metti che un giorno ad alcune persone facoltose venga in testa di fare del “Porto Vecchio” di Sanremo la copia “mignon” di “Port Vell” in lingua catalana, a Barcellona.
Idea intrigante e non peregrina.
Il 4 agosto 2017 le persone in questione depositano al protocollo comunale col numero 56773 una proposta di fattibilità che nel corso di 65 anni di concessione si finanzierà con i flussi di cassa generati dall’opera, e questo per il giornalista è il primo “fatto” da reinventare in base alle preferenze di chi legge.
In forza della terza legge di Newton per la quale a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria ecco reagire al primo un secondo “fatto”.
In questo caso la reazione è doppia perché le proposte di fattibilità contrarie ma non uguali depositate al protocollo comunale sono due, il 31 gennaio 2018 con il numero 8023 l’una e il 19 dicembre 2018 con in numero 0104138 l’altra, seguite il giorno 20 dicembre 2019 dalla nota del RUP di apertura del procedimento di Conferenza dei Servizi preliminare asincrona.
La consigliatura 2014-2019 è agli sgoccioli, il 26 maggio 2019 si svolgeranno le elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione comunale e la scelta è tra la conferma di quella uscente e l’ingresso di una nuova capeggiata, guarda caso, dal presidente dell’associazione canottieri che ha la sua sede proprio nel Porto Vecchio.
Ma, non ostante questo fortuito dettaglio, l’Esecutivo comunale trova il modo nei titoli di coda di compiere il terzo “fatto” giornalisticamente tutto da reinventare.
Infatti il 15 gennaio 2019 con il verbale numero 9 valuta le tre proposte e stabilisce che quella “di maggiore interesse” è la prima, però con modifiche e integrazioni, dopo le quali potrà intervenire una “dichiarazione di fattibilità”.
La reinvenzione di questi tre “fatti” da parte del giornalista è univoca e si traduce in un messaggio euforico e rassicurante, tipo “sarà una passeggiata”, “siamo in una botte di ferro”, “è una svolta epocale”, “tranquilli, siamo in buone mani”.
Aveva contribuito a questa sbornia di sfrenato ottimismo il 17 aprile 2018 la bacchettata del TAR Liguria, sentenza n. 348/2018, data sulle dita di due facoltosi fratelli inglesi che l’8 novembre 2017 avevano chiesto all’Amministrazione comunale di poter curiosare sulla proposta delle persone facoltose depositata il 4 agosto 2017 precedente.
“Giocate a mosca cieca! Occhi bendati fino alla dichiarazione di pubblico interesse di una tra le varie proposte presentate!”, questa la risposta del Tribunale che rinviava il disvelamento allo “incertus quando”.
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Però per il giornalista dover stabilire quando diventa certo il “dies ad quem” si trasforma in un rocambolesco quarto “fatto” da reinventare.
Questo perché, come sappiamo, il disvelamento era già avvenuto dieci mesi prima, appunto il 15 gennaio 2019, quando l’Esecutivo con la deliberazione n. 9 aveva tolto la benda dagli occhi dei tre “giocatori a mosca cieca”.
Lo aveva fatto allegando la “Relazione istruttoria del RUP” che in 27 pagine descrive nel dettaglio tutti gli elementi “sensibili” delle loro tre proposte.
Pudicamente l’Albo Pretorio digitale ha negato l’accesso alla delibera in questione, però non essendo segretata, si è venuto a sapere che con lei l’Esecutivo comunale, come Rocambole ladro gentiluomo, aveva derubato gli altri due proponenti della possibilità di presentare anche loro “modifiche e integrazioni”, potenzialmente copia incolla e recettizie o addirittura migliorative rispetto a quella preferita.
Furto con destrezza che ha preceduto il quinto “fatto”, cioè la “dichiarazione di fattibilità e di pubblico interesse” formale, ufficiale, definitiva e “tranchant” che avverrà a favore del primo proponente soltanto l’11 novembre 2019 con la deliberazione n. 258.
L’euforia e la sbornia di sfrenato ottimismo del giornalista prenderanno toni lirici e raggiungeranno l’estasi quando, con il sesto “fatto” il TAR il 13 marzo 2019 con l’Ordinanza cautelare n. 63 bastonerà a sangue due facoltosi fratelli inglesi.
Loro due il 14 febbraio 2019 avevano notificato e poi il 25 febbraio 2019 avevano depositato un ricorso con il quale chiedevano al TAR di annullare la delibera dell’Esecutivo comunale n. 9 del 15 gennaio 2019 e la “Relazione RUP” allegata, e nel frattempo di sospenderne l’efficacia e tornavano alla carica su una nuova loro domanda di accesso depositata il 18 gennaio 2019.
Le bastonate a sangue erano soltanto cautelari ma nei toni lasciavano trasparire una certa “benevolenza” nei confronti del Comune, tipo “…. l’atto di giunta non evidenzia profili di danno grave e irreparabile….”, tipo “….vanno apprezzate … la natura del procedimento in corso e la fase di acquisizione di atti e informazioni aperta dall’amministrazione; ne deriva che non appare allo stato conclusa…” e tipo sull’accesso agli atti “…..il collegio si è pronunciato con la sentenza 348/2018, e la situazione non appare allo stato mutata…”.
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A questo punto, dopo l’11 novembre 2019 chiedere al giornalista di rilassarsi e di abbassare i toni era come svegliarlo mentre sognava di ingropparsi Belem, anche perché lei non voleva più smettere.
E sì! Ormai il “fatto” che il giornalista aveva reinventato era diventato contagioso e Sanremo, come Codogno, era finita in zona rossa dove il virus pandemico dell’ottimismo contagiava tutti.
Si registravano picchi inimmaginabili e neppure il Principato di Monaco era rimasto immune entrando nel business con una sua partecipata.
Il “fatto” inventato dal giornalista era “Eureka! È fatta!”
Invece e in controtendenza da qual momento in poi a ogni passo avanti di Archimede i due giocatori a mosca cieca esclusi depositavano al TAR lo speculare motivo aggiunto al ricorso introduttivo col quale fin dagli inizi avevano detto, come Bartali, che “l’era tutto da rifare!”
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All’annuncio del settimo “fatto”, cioè che il 15 novembre 2022 i due facoltosi fratelli inglesi si erano ingroppata la bella “Favorita” con la benedizione del suo Padre nobile promosso Presidente Onorario, il giornalista avrà anche lui un orgasmo messianico reinventando la cosa come l’epilogo di una radiosa epopea.
Ignorava che anche il terzo incomodo come i due fratelli inglesi aveva ottenuto dal TAR la fissazione al 2 dicembre 2022 dell’udienza di trattazione del suo ricorso e della decisione finale.
Dopo l’ingroppamento, invece, le levatrici pensavano già di vedere alla luce un neonato “soggetto unico” sotto un’unica bandiera, la Union Jack, il quale non potendo “litigare con sé stesso” e grazie al diritto di prelazione su tutti gli altri eventuali partecipanti alla gara europea, avrebbe accelerato la conclusione dell’epica avventura.
Del medesimo avviso il sindaco: “Da questo passaggio di quote ci si può aspettare un’accelerazione della tempistica, sia per la pubblicazione dell’appalto, sia per l’inizio dei lavori. A febbraio [ci sarà] l’apertura delle buste, dopo un anno il via ai lavori e dopo altri 3 anni il termine che spero quindi possa arrivare tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027”.
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Pitigrilli ha scritto il romanzo d’appendice “Saturno” e da quel pianeta il 19 novembre 2022 il mio consulente alieno, Baby Yoda, aveva espresso forti dubbi su quest’ultimo settimo “fatto” inventato dal giornalista.
Diceva infatti di sospettare che il “p.q.m.”, acronimo di “per questi motivi”, del TAR mandi (letteralmente) “a puttane e converta in carta straccia gli atti relativi” alla procedura aperta a Sanremo dall’Amministrazione il 4 agosto 2017 da alcune persone facoltose.
Aveva ragione, il 19 dicembre 2022, un mese esatto dopo, il TAR pronuncerà due sentenze con i numeri 1111 e 1112.
Con la prima si prenderà atto che “il 1° dicembre 2022 …. la ricorrente Portosole C.N.I.S. s.p.a. ….. ha aggiunto di non nutrire più interesse a coltivare la presente impugnativa, per via della recentissima operazione societaria in forza della quale i suoi azionisti hanno acquisito le quote di Porto di Sanremo s.r.l.” e di conseguenza il TAR ha dichiarato che il ricorso “deve ritenersi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse”.
Con la seconda invece il TAR, “PER LE RAGIONI CHE SARANNO ESPOSTE IN MOTIVAZIONE definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui quattro ricorsi per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, accoglie l’impugnativa e, per l’effetto, annulla i provvedimenti gravati, ai sensi e per gli effetti precisati in motivazione.”
Dopo l’immediato e ovvio preannuncio di appello in Consiglio di Stato non appena lette le motivazioni e con ovvia richiesta di sospensiva per periculum in mora, sono dodici giorni che il giornalista pensa a questo ottavo “fatto” da inventare con davanti al bancone dei gelati una coda interminabile di clienti rimasti senza preferenze sui gusti da ordinare.
Bruno Giri

 

A Natale si raccontano le fiabe…..

In primo piano

L’ingresso della realtà nel mondo delle fiabe ha tempi diversi, dipende dal genere e dal luogo.
A Sanremo, per esempio, la “legalità” amministrativa sopravvive non più di due o al massimo tre generazioni, dopo di che la legge evapora e tutto finisce in una nuova “Mille e una notte”.
Ieri l’altro “the Genius of the lamp” era inglese e, racconta la fiaba, su ordine di Aladino avrebbe dovuto uccidere l’Ecomostro che fin dalla notte dei tempi rovina il sonno agli abitanti.
A fermargli la mano è stato il Demanio marittimo, un Mostro Malvagio che è apparso in Conferenza dei Servizi decisoria, reclamando da Reuben Brothers, “The Aladdin”, la restituzione di tre sue piscine per una superficie complessiva di mq 2.650.
Ognuno a Sanremo ha il proprio Genio e quello del Demanio marittimo è l’Avvocatura dello Stato alla quale chiedere la conferma che le lucciole possono essere scambiate per lampade.

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Lo scambio oggi avviene su due superfici asimmetriche, una del Demanio e l’altra del Comune.
Quella del Demanio, di mq. 343.010 va dalla foce del Torrente San Martino alla foce del Torrente San Francesco.
La superficie comunale, invece, cioè la zona L 1 del P.R.G., di mq. 263.860 si ferma alla foce del Rio San Lazzaro e lascia fuori la zona urbanistica “BL” balneare di mq. 79.150 dove ci sono le ultime quattro lucciole rimaste accese, gli stabilimenti “Morgana”, “Italia”, “Lido” e “Arenella”.
Le lucciole spente dal Comandante del Dipartimento Marittimo di Imperia il 2 agosto 1974 illuminavano gli otto storici stabilimenti balneari presenti nella zona L1 del P.R.G., ecco i loro nomi: Florida, Aurora, Elios, Suore della Misericordia “Don Orione”, Mediterranée, Rotonda, Eden Roc e Bikini.
Al loro posto si sono accese altrettante lampade sul litorale e sullo specchio acqueo antistante, concessi dal Demanio alla società CNIS Portosole S.p.A. di Martolini e Piras il 27 settembre 1975 con validità fino al 31 luglio 2024 perché vi facessero un porto privato per la nautica da diporto.
Ognuna di quelle lampade nei 47 anni successivi è stata sfregata dall’Aladino di turno e ne è uscito sempre il Genio sbagliato rispetto alla fiaba delle “Mille e una notte”.

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Tra i tanti Aladini sbagliati ci sono anch’io, l’assessore all’urbanistica che il 14 febbraio 1989 ha portato in Consiglio comunale e fatto approvare il piano attuativo della zona L1 suddiviso in 11 lotti, però una volta tanto il mio è stato un semplice peccato veniale.
I peccati mortali che interessano direttamente Reuben Brothers, “The Aladdin”, sono di chi sul “Lotto 3” ha generato l’Ecomostro addormentato il 20 dicembre 2001 e di chi ha avuto a che fare con i tre vizi occulti del progetto originario del porto firmato “Martolini” e “Studio Maggiora & Vergnano”: 1) il Rio Rubino che sfocia all’interno dello specchio portuale e che, forse, ha provocato il crollo di un pontile; 2) il P.A.R.F. acronimo di “Piano di Attuazione Rete Fognaria” che fa il depuratore a Capo Verde direttamente collegato con la stazione di sollevamento di San Lazzaro da un collettore che interferisce con l’area portuale; 3) la “Pozzanghera marina” di 79.150 metri quadrati nella zona “BL” del P.R.G. dove l’atto di concessione demaniale marittima 27 settembre 1975 prevede l’obbligo di realizzare tre piscine scoperte di mq 2.650 complessivi per un importo stimato di lire 1.500.000.000 al quale corrispondono € 1.354.149,99 attualizzati a 5 anni fa, piscine “che dovranno sostituire ai fini della balneazione lo specchio acqueo antistante ormai inidoneo per la presenza dei due porti che lo racchiudono”.

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Il rimedio dei primi due vizi occulti è ormai entrato da decenni nel mondo delle fiabe, le sue origini risalgono al 27 maggio 1977 quando “iussu Principis” il Sindaco dell’epoca, Vento, ordinò alla società concessionaria di tombinare il rio Rubino fino e dentro il bacino portuale e di incanalare la fognatura in un collettore in PVC di 300 mm. di diametro per 260 metri di lunghezza fino a raggiungere la stazione di pompaggio del Rio San Lazzaro, ordine quest’ultimo che sarà eseguito solo fino al sottopasso di via del Castillo.
È successo due Piani Regolatori fa, quando dal 18 gennaio 1960 era ancora in vigore il Piano Regolatore del professor Morini portato in Consiglio comunale il 12 luglio 1955 dal sindaco Asquasciati e che era stato firmato dal Ministro dei Lavori Pubblici Togni e controfirmato dal Presidente Gronchi in applicazione della Legge Urbanistica del 1942 di Mussolini.
Sul terzo vizio occulto, invece, quello della “Pozzanghera marina” tra i due Porti da riempire con tre piscine, è scoppiata una guerra tipo quella dei Cent’Anni tra Inghilterra e Francia, suddivisa in tre fasi: 1) l’invasione 1990-91; 2) l’armistizio 11 luglio 2018 e 3) la resa dicembre 2022 in “Conferenza dei Servizi” sospesa in attesa del responso dell’Avvocatura dello Stato.

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L’invasione dal mare è avvenuta tra due date, il 26 settembre 1989, giorno del mio addio all’assessorato, e il 30 agosto 1990 firma del Decreto regionale n. 1064 che approverà il Piano attuativo di “Portosole” che in precedenza era stato portato da me in Consiglio comunale, fatto approvare e poi controdedotto.
Lo sbarco della società CNIS Portosole S.p.A., nel frattempo passata a Gianni Cozzi, è avvenuto il 28 marzo 1990 sullo specchio acqueo tra il Rio San Lazzaro e il Torrente San Francesco e sulla spiaggia relativa, inclusa l’invasione dello storico edificio del “Morgana”, costruito nel 1890 dalla “Societa’ di Bagni Marini” di Filippo Grossi al tempo della “Belle Epoque”, poi demolito e ricostruito in stile fascista nel 1936, XII E.F., e in passato anche “dependance” del Casinò.
La società per poter costruire le tre piscine aveva chiesto al Ministero della Marina Mercantile il subingresso cinquantennale nelle concessioni demaniali non ancora scadute dei quattro stabilimenti balneari esistenti e la concessione di quella dell’edificio demaniale del “Morgana” che invece era da tempo giunta a scadenza.
La “Resistenza” all’invasore da parte di legioni di avvocati vittoriosi, reclutati dai concessionari è entrata nella Storia del diritto prima di finire anche lei nel mondo delle “Mille e una notte.

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Dopo le preistoriche “opere provvisionali di cantiere” e quelle idrauliche e idriche di “necessità e urgenza” che hanno preceduto l’entrata in vigore del mio Piano attuativo, l’invasione da terra è avvenuta sul n.° 3 degli 11 lotti nei quali era suddiviso, quello immediatamente a levante dello spartiacque tra le due zone L1 e BL sul quale era previsto un albergo e un parcheggio e si è sviluppata per ondate successive fino al sonno ininterrotto di un Ecomostro che dura ormai da vent’anni.
In questo caso le operazioni belliche hanno dovuto attendere il Decreto regionale del 30 agosto 1990 di approvazione definiva e poi un anno e mezzo dopo anche la formalizzazione della mia “bozza” allegata al Piano attuativo avvenuta nello Studio del Notaio Donetti con la stipula della convenzione 30 novembre 1991 Rep. n. 8594 e Racc. 3301 tra il presidente della società Gianni Cozzi e Onorato Lanza sindaco.
Un paio di settimane dopo, il 14 dicembre 1991 sarà protocollato con il numero di pratica edilizia C 1028 il progetto dell’Ecomostro sul “Lotto 3” e l’8 marzo 1993 arriva il primo “Permesso di costruire”, che sarà annullato dal Ministero dei Beni Ambientali il 13 agosto 1993 e quindi resuscitato il 25 agosto 1994.
La “Resistenza” all’invasore anche sulla terraferma ha mobilitato legioni di partigiani e questa volta, prima di finire anche lei nel mondo delle “Mille e una notte”, transiterà attraverso la cronaca nera, conoscerà i deliri dell’espansione all’infinito dei posti barca e del contrapposto ritorno ambientalista allo stato di natura, e naufragherà sugli scogli della spirale di ristrutturazione del debito sociale preconcordataria che coinvolgeva anche il “Porto degli Scoglietti” di Ventimiglia.
“Resistenza” che finirà in vacca.
Prima il procedimento amministrativo di revisione del Permesso di costruire, avviato il 28 maggio 1996 dopo polemiche isteriche in Consiglio comunale e archiviato il 5 febbraio 1997 dalla Giunta sulla base del parere pro veritate depositato il 2 gennaio 1997 dall’arbitro avvocato Corrado Mauceri di “insussistenza dei presupposti e dei requisiti per una conclusione positiva”.
Poi anche il processo penale a carico degli amministratori del C.N.I.S. e dei tecnici si concluderà più tardi, nel 2006, ma allo stesso modo, con la loro assoluzione perché il fatto non sussiste in assenza di dolo nelle irregolarità denunciate da “Legambiente”, difformità che, tra l’altro, risultavano condonate.
La prima betoniera dopo il lavoro dei carpentieri arriverà in cantiere il 30 luglio 1999 e l’ultima troverà il cancello chiuso il 20 dicembre 2001 con appiccicato un foglio con su scritto che all’esito del sopralluogo effettuato il 5 settembre 2001 nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato ai sensi dell’art. 14 della legge 47/85 si sospendevano i lavori e si ordinava il ripristino dei luoghi.
Il 20 e il 23 giugno 2008 finirà in vacca anche l’ultima resistenza all’invasore, tutte le difformità saranno condonate e il 15 maggio 2009 la società otterrà a protocollo n. 5322 il mitico “Permesso di costruire” n. 67 che la autorizzava a completare la struttura turistico-ricettiva prevista sul “Lotto 3”, ma anche questo titolo edilizio finirà in vacca a causa del mancato inizio lavori nel termine di legge non ostante un avviso di “inizio lavori” del 14 maggio 2010 rimasto senza seguito.

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Dopo la “ammuina” del sindaco Zoccarato e del suo assessore Dolzan proseguita per l’intero quinquennio 2009-2014 con la Conferenza dei Servizi preliminare sulla variante al mitico “Permesso di costruire” n. 67 decaduto, il fiammifero dell’armistizio con la società “CNIS Portosole S.p.A.” adesso è tra le dita del sindaco Biancheri per il quale, come sappiamo, il Demanio marittimo è un Mostro Malvagio, e lo dimostra anche in occasione della pratica del restyling di “Porto Vecchio” da esorcizzare con la magia del project financing.
Il 30 luglio 2018 in Consiglio comunale Biancheri lo ha acceso con un triplo salto mortale senza rete.
Dove il primo salto è l’abbandono delle procedure urbanistiche e il ridimensionamento di quelle ambientali in presenza di “attività produttive” grazie al “doping” della legge regionale n. 10/2012.
Dove il secondo salto è il conto senza l’oste in casa del Demanio, barattando le tre piscine con un fantomatico “impianto di rigenerazione e ossigenazione delle acque all’interno dei due bacini portuali. Questo in compensazione delle opere che dovevano essere eseguite nella convenzione originaria con Portosole…” del costo di € 668.300,00 al quale si aggiungono a scomputo € 568.000,00 per lo sbocco nel rio San Lazzaro e quindi per un totale complessivo di € 1.236.300,00 e quindi con un credito a favore del Comune di € 117.849,99 come spiega l’assessore Trucchi.
Il quale assessore ignora che la convenzione è tra il Demanio e la Società, che il Comune c’entra come i cavoli a merenda, che la cifra di € 1.354.149,99 è il valore stimato delle piscine che sostituisce e compensa quello dei beni reali demaniali passati alla società concessionaria.
Dove il terzo salto è nei numeri della variante “attività produttive” con 10.747,08 metri cubi in più rispetto alla volumetria massima del “mio” Piano urbanistico attuativo che si dà per attuato e operante e di cui grazie alla legge regionale n. 10/2012 sulla semplificazione amministrativa, si propone una variante implementativa.

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Chissà se l’Avvocatura dello Stato racconterà al Demanio il finale di questa fiaba: “……e vissero tutti felici e contenti.”

Bruno Giri