Mentre mi alleno per il giro dell’Annapurna, guardo i ragazzini giocare a calcio, sotto l’occhio critico dell’allenatore che impartisce lezioni di tattica e rimproveri da motivatore di spogliatoio. Ad un certo punto, un’entrata un po’ più dura fa cadere uno dei ragazzi a terra, lo vedo rotolare, toccarsi la gamba, invocare l’aiuto divino e l’estrema unzione, come i calciatori in tv. Come un flash, mi sono ricordato di quando, in versione braghette e capelli lunghi, giocavo a calcio sulla strada sotto casa mia, quando un’entrata dura ti faceva volare per 3 metri sull’asfalto e ti rialzavi senza fare una piega “che non ti sei fatto niente” nonostante le ginocchia tumefatte e insanguinate e quel bruciore delle palme delle mani tipico di chi felicemente atterra sulla ghiaia. Il fallo da dietro era punito con una rissa di pochi minuti. Continua a leggere
La cantera di Roverino
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